
di Andrea Lehotska*
(testo modificato e adattato)
Il Viaggiatore.
Quello che non vuole essere definito turista, perche’ prima di diventare il Viaggiatore e’ stato anche quello.
Quello che sceglie la scomodita’ del vagabondare invece della comodita’ di una guida, perche’ non vuole trovare … ma scoprire cercando.
Quello che ama perdersi, perche’ quando si perde abbastanza volte e finisce davanti allo stesso albero, quell’albero diventa la sua casa, il suo punto di riferimento.
Perche’ il tempo che perde a camminare senza meta gli restituisce ogni suo minuto in viste mozzafiato, sguardi che gli fanno ritrovare la sua vera essenza, gesti che solo lui sa cogliere, solo lui e’ in grado di interpretare, concedendo loro una sensibilita’ che custodiva dentro di se’ a questo scopo.
I turisti si spalmano la crema solare ma lui e’ abbastanza solare da non sfotterli, si sente troppo superiore per fare cio’, perche’ lo stesso sole non lo brucia, lo riscalda, gli fa asciugare il sacco a pelo lavato nel fiume, gli fa stringere gli occhi e guardarlo in faccia, lo fa sentire piccolo e debole in confronto a lui ed e’ cosa che lo stimola a fare sempre di piu’, sempre qualcos’altro, sempre meglio.
I turisti tengono a portare le loro vite, le loro storie, i loro amori, le loro abitudini e i loro vizi in vacanza.
Il Viaggiatore fa di tutto per separarsene e abbandonarli; se viaggiasse con loro non avrebbe piu’ spazio per emozioni nuove, latitudini da non scordarsi, la devota leccata di mano di un cane che non ti abbandona piu’ nel tuo cammino solo perche’ l’hai accarezzato, la saggezza di uno sconosciuto,
Il Viaggiatore solitario.
Cio’ che lo nutre lo distrugge: la sua adrenalina di viaggio e’ la sua droga, la quale sa benissimo che gli presentera’ il conto. Non portera’ mai all’overdose, il che e’ ancora peggio; per sempre gli fara’ girare il mondo alla ricerca di una dose di stupore, di meraviglia, di inaspettato, che trovera’ sempre piu’ raramente perche’ vorra’ sempre un’emozione piu’ nuova, una situazione piu’ critica che lo sorprenda, una pianta mai vista prima.
Ma sapra’ bene di essere fregato in quanto prima o poi non ci sara’ piu’ un odore nuovo da inalare, un animale da toccare, un temporale da evitare, un’onda da sconfiggere, un tempio da lasciarlo senza fiato, una tradizione da confonderlo. Nonostante cio’ il viaggiatore e’ pronto a rinunciare al letto per dormire, all’assenza di malattie, agli amici, alle dimore, ai lavori, ai partner. Passa giorni interi con i crampi della febbre Dengue perche’ era cosi’ piu’ reale dormire nella giungla che sotto la zanzariera di qualche guesthouse.
Non viaggia mai in gruppi di piu’ di una persona: vedere la bellezza del modo implica parlarne, ma parlarne e’ condividere e lui non ha altro che quelle sensazioni e troppa sete di esse per volerle condividere. E’ la sua benzina personale, e al rientro ogni goccia di questa lo fara’ sopravvivere ai tram, al traffico, ai cellulari, agli scioperi, alla gente stressata indisposta a rinunciare al proprio ego.
Non viaggiare da soli vuol dire dover spiegare perche’ ci si ferma a osservare senza fiato un’insignificante stradina buia e cercare per decine di minuti la luce giusta per fotografare le sue blatte che s’accoppiano.
Vuol dire non poter accendere la torcia alle tre di mattina, vestirsi e uscire senza parole per i campi di oppio in attesa dell’alba, non poter investire due ore di attraversata a piedi nella bassa marea del mare solo per abbracciare l’albero in mezzo all’oceano e tornare indietro.
Gli e’ piu’ facile sentirsi solo in mezzo a un milione di persone che in due.
Il turista continua a passeggiare, mangiare, riposare…
… il Viaggiatore a camminare, assaporare, e non riposa perche’ le sue attenzioni per tutto cio’ che lo circonda non ce la fanno a riposare,
e allora si arma di sali minerali e vitamina C e va avanti provando quella sublime sofferenza dell’ultimo guerriero.
Di ogni luogo fa casa sua, anche solo per un’ora, un pasto, una notte, e quando cio’ non gli e’ permesso, fa diventare casa sua cio’ che lo circonda.
Si fida delle disgrazie e si sfida continuamente, per trovare sempre un altro io dentro di se’.
La sua vita si traduce in dieci chili di zaino ma non lo priva di nulla, gli insegna solo quanto siano inutili tutte le cose dal momento che non ha bisogno di farne uso.
Perche’ non sono mai andato cosi’ lontano come quando non sapevo dove andavo.