
NOTA: gli appunti di viaggio si trovano in fondo alla pagina, dopo le immagini
















































































































Appunti di viaggio
TRAVERSATA DELLE ALPI IN BICICLETTA
da Trieste al Lago Maggiore
2500 km percorsi
30 passi alpini
35000 metri di dislivello
PREMESSA
Dopo l’infortunio di meta’ maggio che mi ha costretto ad interrompere l’attivita’ scialpinistica prima del previsto, rinunciando ad una ulteriore ripetizione della “mia” amata discesa in sci del canalone Marinelli lungo la parete est del Monte Rosa, accordandomi a tavolino con il “mio chirurgo preferito” per un tempestivo intervento alla clavicola destra, non ho ancora ben chiaro cosa succedera’ nell’estate che si sta avvicinando a grandi passi …
dopo 4 giorni dall’operazione sono gia’ in sella alla bici con la raccomandazione di non prendere colpi….
Durante le piacevoli serate sulla riva occidentale del lago d’Orta a casa di Paolo, spesso nascono idee e spunti di gite in montagna, viaggi e avventure ….;
ando’ in questo modo anche 2 anni fa, quando, durante un grigio e piovoso pomeriggio di novembre, davanti a ben piu’ di una bottiglia di prosecco, decidemmo l’obiettivo della stagione scialpinistica dell’anno che si stava inaugurando: la discesa in sci e telemark lungo la parete est del Monte Rosa;
per l’estate del 2014 si pensava inizialmente ad un tour insieme in bici; accarezzavamo l’ipotesi di un lungo giro del tipo Venezia-Istanbul e salita finale al Monte Ararat, oppure un giro d’Italia inedito, essendo entrambi consapevoli dell’imprevedibilita’ delle nostre situazioni ed avendo la certezza che, in ogni caso, ciascuno avrebbe saputo perseguire il progetto anche da solo.
Anche questa volta l’amico scompare nella stanza vicina per un attimo e torna con un libricino datato 1994 intitolato “Le Alpi in bicicletta”, scelto da uno scaffale della sua casa letteralmente rivestita di libri; sfogliandolo, ecco che si fa largo nella mia mente l’idea di disegnare il mio percorso prendendo spunto da questo libro, con l’aggiunta di qualche salita escursionistica.
si sa …. il viaggiatore si lascia attrarre e incuriosire da svariati stimoli; basta poco per cambiare idea, meta, obiettivo soprattutto se non c’e’ nessuno a cui rendere conto …
ed ecco che un lunedi di inizio agosto mi ritrovo a stipare tutto il necessario nelle borse della bici che mi attende sotto casa …
le date:
martedi 05 agosto 2014 – sabato 30 agosto 2014
IL VIAGGIO
martedi 05 agosto
il lungo trasferimento in treno
Vergiate-Gallarate in bici
Gallarate-Treviglio-Verona-Mestre-Trieste in treno
lunghezza 14 km a Trieste
dislivello 0 m.
verso le ore 9 parto da casa in sella alla mia Kona Sutra e mi dirigo a Gallarate percorrendo la strada statale del Sempione. Tranquilla mattina di inizio agosto; anche la statale non e’ molto traafficata segno che la gente e’ in vacanza o quantomeno non si reca sul posto di lavoro.
Giunto in stazione, parcheggio la mia bici in vista nell’atrio e vado in biglietteria per acquistare il biglietto per me e il supplemento per la bici;
speravo di salire sull’Euro City per Venezia delle 11 ma scopro che non e’ possibile viaggiare con la bici montata; avrei dovuto imballarla in una sacca o uno scatolone proprio come feci per il mio viaggio in Australia; la cosa si fa gia’ complicata all’inizio della giornata; cominciamo bene!; non mi resta che fare un biglietto che preveda l’utilizzo di treni regionali che consentono di caricare la bici cosi’ come e’ configurata; il mio tragitto sara’ un po’ piu’ complicato del previsto, ma in sostanza il tempo impiegato sara’ solo di un paio di ore in piu’.
Da Gallarate salgo sul passante ferroviario che mi portera’ a Treviglio; dopo aver sistemato la bici nella apposita area riservata, mi siedo sul sedile di fianco e “assaporo” il fatto di essere in treno con la bici (la prima volta per me … dovrei dire la seconda …., ma la prima mi evoca pensieri un po’ tristi …); il treno, essendo un passante, fa tutte le fermate; scorre cosi’ fuori dai finestrini il triste agglomerato industriale e residenziale di Gallarate Busto Legnano fino a Rho, il tutto senza solizione di continuita’; poi vengo ingoiato dalla sezione sotterranea del passante che mi risputa fuori Milano a est della citta’; viaggiando seduto al mio posto penso a quanto tristi siano questi luoghi e la sua popolazione che forse non si rende nemmeno conto di dove vive …. mi viene in mente che forse non ha mai viaggiato e non puo’ fare confronti; oppure per necessita’ di lavoro si adatta a vivere qui … oppure davvero gli piace e va bene cosi; a me sorge sempre una tremenda irrequitezza nel vedere certi luoghi … per contro mi rendo conto di quanto io sia fortunato; posso fare questi confronti e paragoni proprio perche’ ho l’esperienza dei luoghi, ho viaggiato … ho visto … ho toccato con mano!
Il treno e’ lento da morire!; fa tutte le fermate e mi viene il coccolone piu’ volte ma cerco di distrarmi osservando la gente che sale e scende; discorsi telefonici riguardanti faccende personali, scherzose o di lavoro; incroci di sguardi; fare finta di nulla; osservare senza essere notati; arrivo a Treviglio dove il treno termina la sua corsa; la coincidenza e’ dopo 20 minuti e ho tempo di scendere le scale con la bici comodamente e aspettare il prossimo treno. Il caldo opprimente della “bassa” padana si fa subito sentire.
da Treviglio a Verona metto la bici sulla carrozza di testa e viaggio in compagnia di 2 turisti olandesi anch’essi in bici ma con bagaglio molto piu’ soft del mio; scenderanno a Vicenza appena dopo un temporale; faccio conoscenza con una coppia di Cuneo che si dirige verso la ciclabile del Danubio e chiacchiero con un gruppetto di giovani ragazzini che si portano la bici in treno fino a Desenzano per girare un po’ li e tornare a casa in serata; a un certo punto conto almeno 10 bici nel locale adibito al loro trasporto; anche il controllore fa fatica a passare ma ha uno sguardo divertito; la temperatura e’ afosa quando scendo con la bici in stazione a Verona; anche qui i tempi per la coincidenza sono comodi cosi’ non mi devo affannare per raggiungere il binario facendo zig-zag fra il frenetico movimento della stazione; ovviamente il binario e’ dall’altra parte e mi tocca scendere nel sottopasso e risalire; scendere spesso non e’ un problema utilizzando l’ascensore; la bici ci sta al pelo … ma risalire al binario non sempre e’ agevole; al di sotto del corrimano delle scale si trova un binario laterale di scorrimento dove spingere le bici lungo le scale evitando cosi’ di portarle di peso; … pero’ la mia bici carica non ci passa; le borse sono troppo ingombranti!!; sono costretto a smontarle e fare 3 viaggi per portare tutto su; il treno e’ gia’ fermo sul binario e pronto per la sua corsa; carico la bici e le borse nello scompartimento apposito e mi rilasso un po’ sul sedile; una ragazza di origini est europee mi chiede indicazioni per la destinazione Rovigo, non convinta delle indicazioni fornite da altri passeggeri; le suggerisco di cambiare a Padova; con un ringraziamento ed un sorriso si siede poco distante da me; non ci sono intoppi durante il viaggio e arrivo a Mestre in orario; mi resta l’ultima parte del lungo pomeriggio sui treni; c’e’ molto movimento turistico in stazione; l’aria e’ pesante e io cerco di districarmi con ascensori, sottopassaggi e scale portandomi appresso la mia fidata bicicletta. Il treno che mi porta a Trieste e’ un modello vecchio, la classica littorina, ma viaggia spedito nella bassa pianura veneta e friulana; sono sempre nello scompartimento delle bici e con me viaggiano pendolari che rientrano a casa; il treno e’ pieno e c’e’ diversa gente in piedi; dopo Monfalcone si inizia a vedere il golfo di Trieste e il Mar Adriatico; faccio gli ultimi chilometri con la testa fuori dal finestrino assaporando l’aria e i panorami della zona; non manca molto al mio arrivo a Trieste; sono le 18:30 circa … ma io sono uscito di casa questa mattina alle 9 ….. una lunga prima giornata; scendo dal treno a Trieste Centrale e mi dirigo subito nel centro della citta’ per un rapido giro; percorro le vie del centro senza una meta precisa e mi soffermo sul molo principale; la luce del tramonto e’ molto bella e inizia a spirare il famoso (e fastidioso) vento; ancora qualche giretto in giro passando per la piazza principale e non tardo a decidermi ad andare a cercare un posto per la notte; mi allontano cosi’ dal centro tenendo il mare alla mia sinistra; vicino al castello di Miramare prendo una deviazione e vado a dare un’occhiata all’ostello Tergeste; dapprima non vorrei usufruirne, ma poi mi convinco che e’ una buona idea; sara’ il primo e l’ultimo ostello; mettiamoci comodi prima della lunga traversata!; inoltre la location e’ davvero bella e sembra esserci un po’ di gente; dopo aver preso posto del mio letto nella camera dormitorio, chiacchiero con un signore svizzero che con amici andra’ in bicicletta in Slovenia il giorno successivo; poi mi intrattengo sulla splendida terrazza vista mare con una giovane ragazza belga chiacchierando del piu’ e del meno; si fa scuro; curioso un po’ in giro e, dopo una bella doccia, mi corico a letto. Termina cosi’ il mio primo giorno di trasferimento; da domani iniziera’ la vera avventura.
mercoledi 06 agosto
il mare, la pianura, le prime colline, i monti e i primi due passi sulle alpi
Miramare – Sistiana – Gorizia – Cormons – Cividale del Friuli – Attimis – Passo di Monte Croce (267 m.) – Tarcento – Passo di Tanamea (851 m.) – Uccea – Zaga – Bovec
lunghezza 147.5 km
dislivello 1250 m.
di primo mattino vengo svegliato dai preparativi del gruppetto di ciclisti che si dirigeranno verso la costa croata; e’ gia’ chiaro quindi non ho problemi a scendere dal letto a castello (occupavo il posto in alto) e a prepararmi anche io per il primo giorno di viaggio in sella; ottima colazione in ostello con fette biscottate e marmellata e corn flakes, latte e succo di arancia; mi rilasso un po’ al tavolo osservando gli altri commensali; alcune ragazze straniere si aggirano per le stanze con la faccia assonnata in pigiama e a piedi nudi; alcuni ciclisti fighetti sono gia’ pronti chiusi nella loro tutina che fa trasparire forme non proprio da atleta; controllata la mia bici sono pronto a partire; la porto giu’ per le scale e sono in strada; vado al castello di Miramare lontano circa 1 km dall’ostello e faccio le prime foto della giornata; la struttura mi piace molto e il posto e’ incantevole nonostante la vicinanza della strada statale; pochissima gente in giro data l’ora; ritorno sui miei passi fino all’intersezione con la strada principale; da qui inizio il mio percorso che mi allontanera’ sempre piu’ dal mare; dapprima lo costeggio per un po’ con alcuni saliscendi; la vegetazione mediterranea mi piace molto, cosi’ come alcune case e ville che sbircio dall'”alto” della mia comoda sella della bici; in alcuni punti mi ritrovo alto sul mare di circa 100 metri per poi lasciarlo definitivamente alla mia sinistra (a ovest). Lasciata la strada statale inizio a godere della migliore percorribilita’ delle strade secondarie anche se iniziano anche alcune salite; l’ambiente di campagna e le dolci ondulazioni del Carso mi fanno sentire bene e la bella giornata calda ma un po’ ventilata mi aiuta a pedalare; l’euforia della partenza va diradandosi; ora sono davvero in viaggio; attraverso piccoli paesi, localita’ e borghi dal doppio nome italiano/sloveno; siamo davvero vicini al confine e io sto andando verso nord nord-ovest; passo per Gorizia, mi dirigo in centro non prima di avere fatto tappa per comperare qualcosa da mangiare e proseguo per Cormons e attraversando la pianura friulana arrivo a Cividale del Friuli attraversando il Ponte del diavolo; qui mi fermo per mangiare qualcosa e telefono a mia sorella per il suo compleanno; dopo una piacevole sosta rigeneratrice mangiando una buona focaccia all’ombra dei portici di un palazzo del centro storico, eccomi di nuovo in sella sempre attraversando le dolci colline friulane che degradano verso la pianura appena attraversata; la mia direzione e’ verso la solitaria valle del torrente Torre passando al cospetto della catena dei Musi e i Colli Orientali del Friuli; oggi e’ anche giornata di assaggio della prima salita che mi vede impegnato nello scavallamento del passo di Tanamea per entrare in Slovenia presso il valico di Uccea. Immerso nei boschi ombrosi la fatica si fa sentire, ma con ritmo cadenzato e respirazione rilassata riesco anche a godermi la salita e il paesaggio nonnostante il peso delle borse; arrivo al passo che non e’ per nulla caratteristico; rappresenta solo uno scollinamento; da qui la discesa verso il valico e’ veloce poi si deve risalire dopo un ponticello che letteralmente spezza il rilassamento muscolare goduto durante la discesa e la convinzione della fatica terminata; lo sforzo (per fortuna) e’ breve dopo poco si scende davvero a Zaga senza piu’ sorprese; proseguo sulla strada principale in un ambiente magnifico e rurale fermandomi a fotografare il fiume Isonzo e alcune cascate che scaricano acqua dai dirupi circostanti; prima di sera arrivo a Bovec; la cittadina e’ molto bella e pulita ed e’ meta turistica per rafting ed escursioni; i campeggi sono pieni e non voglio andare a mettere la tenda in mezzo a decine di camper roulotte e tende; trovo un’area camper di fianco al parcheggio degli impianti di risalita; qui sono gia’ parcheggiati altri camper; il muro in cemento di una costruzione li vicino e’ ancora caldo per il sole ed ho la bella intuizione di sfruttarlo come calorifero dal momento che, essendo calata l’oscurita’ non fa piu’ molto caldo; dopo una velocissima doccia fatta riempiendo il mio contenitore di emergenza e rovesciandomelo addosso piu’ volte, e dopo aver sgranocchiato qualcosa, mi faccio una passeggiata in centro paese dove trovo un bel po di gente, chi a passeggiare, chi a cercare un locale dove mangiare; dopo la doccia ed essendo in giro molto rilassato, la stanchezza ha il sopravvento nel giro di poco; decido di tornare al parcheggio; qui monto la tenda e vado a dormire; come primo giorno direi niente male!
giovedi 07 agosto
In Slovenia alla ricerca delle sorgenti dell’Isonzo e al cospetto della cima piu’ alta del paese: il Tricorno
Bovec – Trenta – Vrsic/Passo di Moistrocca (1611 m.) – Kranjska Gora – Mojstrana – Vrata valley – Triglav
lunghezza 75km
dislivello 1600 m.
la seconda giornata di viaggio si apre in modo meraviglioso; ho dormito benissimo in tenda e dopo una abbondante colazione sistemo il bagaglio e saluto i camperisti nel parcheggio; attraverso di nuovo l’abitato di Bovec ancora disabitato data l’ora e scendo sulla strada principale, quindi mi dirigo verso nord-est; la giornata e’ fresca; sono ben coperto e il paesaggio e’ splendido e rilassante di rara suggestione; mi sto inoltrando nello scrigno delle Giulie tra il Canin (Kanin) il Tricorno (Triglav) e il Monte Nero (Krn); il fiume Isonzo in questi luoghi ha acque di un colore che stupisce, tra il celeste e il turchino; la salita e’ lunga ma non particolarmente ripida fino all’abitato di Trenta; qui giungo verso le 10;30 e mi fermo a dare un’occhiata al museo del parco del Triglav e per un meritato cappuccino con torta servito da una graziosa biondina; dopo il rifornimento delle borracce con l’aggiunta di sali minerali e l’acquisto di qualche banana, ecco che parto per la prima vera salita impegnativa; i 25 tornanti del passo Vrsic (in realta’ sono 48, 24 in salita e 24 in discesa numerati da 48 a 0 e il cartello indicatore a ogni tornante indica anche la quota raggiunta)
E’ tarda mattina, la giornata e’ bella e il traffico davvero limitato; qualche motociclista e un paio di ciclisti leggeri che mi superano a velocita’ doppia rispetto alla mia; un po’ di invidia e sconforto nel vederli salire cosi’ rapidi ma, guardandomi cosi’ carica capisco che ogni confronto non avrebbe nessun significato; orgoglioso di cio’ che sto realizzando abbasso lo sguardo sull’asfalto e continuo la mia salita; sono solo e, con il ritmo cadenzato della pedalata e del respiro salgo inesorabilmete guadagnando quota; ogni tanto mi fermo per fare foto e guardarmi in giro, per stirarmi la schiena; mi sento bene e penso solo ad andare avanti con il mio passo; con il passare delle ore il traffico si intensifica; qualche auto in piu’, qualche camper e qualcuno che mi saluta e mi incita dal finestrino; qualche motociclista mi fa un segno di approvazione con il pollice alzato superandomi in salita o incrociandomi in discesa; perdo il riferimento del tempo che trascorre inesorabilmente; la salita ogni tanto mi sembra che stia duando da un’eternita’; altre volte invece mi sembra che passi molto velocemente; arrivo al passo con molta soddisfazione; trovo molta gente in cima; camper, auto, moto, tutti che approfittano dello scollinamento per scendere dai mezzi meccanici e fare due passi in giro e qualche foto; quando mi fermo e scendo dalla bici mi accorgo che l’aria e’ freschina; devo togliermo la maglietta e metterla ad asciugare sopra un sasso intanto mi copro con la leggera giacca antivento; mangio qualcosa e attacco bottone con una bella ragazza della repubblica Ceca che e’ li in vacanza con un gruppo di amici in auto e si era fermata a guardarmi armeggiare con la bici e i miei bagagli; scattate le foto di rito, inizio la vestizione a strati per la discesa e, dopo poco, proseguo il mio viaggio e inizio la lunga discesa che mi porta a Kranjska Gora; quando arrivo in fondo mi tolgo nuovamente tutti gli indumenti “pesanti” perche’ il sole e’ decisamente caldo; la discesa e’ stata inebriante per le numerosissime curve e tornanti che, divertendomi un sacco, mi cullavano durante tutto il tragitto attraverso bellissimi boschi e vedute di spendide montagne; Kranjska Gora e’ una cittadina turistica ma molto piacevole; mi aggiro in centro e vado al visitor center cercando informazioni per la salita escursionistica al Triglav; vedendomi entrare vestito da ciclo-escursionista e chiedere info riguardanti la scalata, la signora addetta alla reception, dopo avermi squadrato mi avvisa che … non e’ possibile salire in cima alla montagna in bicicletta … Grazie!!!; dopo aver acquistato il gas per il fornello in un negozio sportivo del centro ed aver chiacchierato con una coppia con bambino che mi ha fermato sostenendo di avermi visto poche ore priamin cima al passo, riparto in direzione Mojstrana e la Vrata valley; a Mojstrana entro nell’info point dove trovo una bella ragazza che mi fornisce tutte le info per la salita e mi consiglia quale via seguire; ho ancora 10 km di valle per arrivare alla destinazione di oggi; la valle e’ bellissima e piacevole da percorrere in bici; ha pero’ 2 strappi al 25% di pendenza che non riesco a fare con la bici carica; sono costretto a scendere e spingere per la prima volta; arrivo al termine della strada; poco dopo una sbarra, percorrendo una strada sterrata giungo al bel rifugio immerso in un fitto bosco antistante una radura con vista sulla impressionante parete nord del Tricorno; ci sono parecchie mucche al pascolo nel prato antistante il rifugio; molti sono graziosissimi vitellini che sembrano spaventati dal me e dalla mia bicicletta; mi rilasso dopo questa lunga giornata e mi godo un lungo momento senza fare nulla; sono semplicemente seduto su una panchina in legno con in mano una birra e, sopra di me la vista della parete del Triglav; decido di non usare la tenda ma bivaccare sotto la cappelletta ai margini dell’alpeggio.
venerdi 08 agosto
ascensione al Triglav 2864 m., la cima piu’ alta della Slovenia, seguendo l’itinerario Prag
dislivello 1850 m.
a notte fonda vedo alcune luci che si inoltrano nel bosco; i primi salitori sono partiti; io rimango rintanato nel mio sacco ancora per un po’; altri si susseguono; dopo un po’ mi decido a scivolare fuori dal sacco e fare colazione; non capisco sinceramente la causa della partenza cosi’ presto di alcuni gruppi; parto anche io e non tardo a raggiungere alcune persone partite un po’ prima; il sentiero che dapprima percorre un bosco poi attraversa il torrente e poi si inerpica su una morena; sono sotto la imponente parete rocciosa del Tricorno e non e’ facile intuire dove passa il percorso; alte pareti rocciose ripide si alzano sopra di me; vedo un gruppo di 5 persone che tornano indietro; e’ andato troppo in alto sulla morena perdendo la traccia; io piego a sinistra attraverando un nevaio e vado a prendere una cengia erbosa dove avevo intuito passare un sentiero; sono sulla via giusta; il gruppo segue le mie tracce sul nevaio; presto inizia la difficolta’ fisica della salita; il sentiero si fa sempre piu’ ripido per poi confondersi fra le cenge erbose fra i dirupi; spesso si incontrano chiodi, staffe, scalini metallici o scalini intagliati nella roccia; mi trovo ad utilizzare le mani per aiutarmi nella progressione; e’ molto divertente ma anche molto “fisico”; vengo superato da una coppia di ragazzotti dal passo molto piu’ veloce del mio anche se soprattutto il secondo mi pareva in costante iperventilazione; vanno forte ma fanno spesso soste e io li raggiungo quasi subito, mi superano nuovamente poco dopo con passo veloce e poi spariscono; io continuo con il mio passo cadenzato e rilassato anche se ogni tanto viene interrotto da sezioni piu’ ripide dove sono costretto ad arrampicarmi; la mattinata e’ bellissima e il sole sale sempre piu’ nel cielo; nel pressi di Prag (ovvero una sorta di passo o porta che segna il limite superiore della parete rocciosa, raggiungo nuovamente i due ragazzi che sono seduti a riposare; io vado spedito verso il sole cercando di sbucare fuori dalla parete; qui incontro le prime chiazze di neve sulla pietraia dei pendii superiori; mi volto ma i due ragazzi sono ancora in pausa; sono stati raggiunti anche da un gruppetto di altri 4 che avevo dietro e che ogni tanto mi superava; proseguo in vista dell’attacco della cresta finale; incrocio altri escursionisti che hanno passato la notte al rifugio in alto e sono saliti in cima il primo mattino; attacco la ripida cresta finale attrezzata con fittoni e funi metalliche (un posto non bello dove trovarsi in caso di temporale!) e proseguo superando diversi escursionisti piu’ lenti; trovo anche ragazzini molto giovani che procedono imbragati con la famiglia; la cresta sembra breve ma ci vuole circa un’oretta per giungere in cima; lassu’ godo dello splendido panorama chiacchierando anche con gli escursionisti che arrivano o che iniziano la discesa; mi rilasso per una mezz’oretta abbondante prima di iniziare anche io la lunga discesa; a meta’ discesa della cresta incontro il gruppetto che alla mattina era davanti a me; stanno salendo verso la cima; data la poco agibile via, la discesa dura piu’ o meno quanto la salita; in alcuni tratti attrezzati ed esposti mi vedo costretto a procedere faccia a monte ben saldo sugli apppigli artificiali; la giornata continua ad essere bella e sono fortunato ad essere riuscito nel mio progetto; molto soddisfatto arrivo alla base della imponente parete rocciosa dove ripercorro il sentierino che mi riporta al rifugio e alla mia bicicletta; qui mi rilasso un attimo e poi faccio un giro cercando un buon posto per godermi la mia meritata doccia e fare il cambio vestiti; poi mi organizzo per la cena sfruttando un tavolo picnic nell’alpeggio di fronte al rifugio; due bambini incuriositi dal mio equipaggiamento vengono a parlarmi; sono con la famiglia di Firenze e sono in vacanza; sono stupiti del fatto che io mi avvicini alle mucche per farle bere nella fontana adiacente; mi fanno un sacco di domande e poi arriva il padre molto simpatico; stiamo a chiacchierare per un po’ poi ci salutiamo; vado a farmi una meritata birra al rifugio; c’e’ gente che arriva per passarvi la notte; probabilmente domattina molti partiranno per una escursione; mi godo il meritato relax post gita passeggiando attorno al rifugio; c’e’ un po’ di gente; molti sono gruppi “chiusi”; non e’ facile attaccare discorso con qualcuno; non mi sento solo ma noto che spesso in questi posti e’ piu’ facile dialogare; qui quasi nessuno mi rivolge la parola a parte grandi sorrisi di circostanza; poco male; all’imbrunire mi apposto nuovamente al riparo sotto la cappella ai margini del bosco; sono stanco e ci metto davvero poco ad addormentarmi.
sabato 09 agosto
dal Tricorno ai villaggi alpini dell’Austria
Triglav – Mojstrana – Kranjska Gora – Tarvisio – Pontebba – Passo Pramollo/Nassfeldpass (1530 m.) – Tropolach – Kotschach
lunghezza 117 km
dislivello 1400 m.
anche questa mattina ci sono gruppetti che partono prestissimo alla luce delle torce elettriche; io rimango nel mio sacco piacevolmente soddisfatto di avere gia’ dato ieri; la giornata non si annuncia bella come ieri; gia’ al primo mattino ci sono nuvole che avvolgono le cime circostanti incluso il maestoso Triglav; senza fretta, esco dal sacco, organizzo i pesi sulla bici, faccio colazione e parto; la discesa della valle e’ bellissima ma fresca; mi fermo e faccio una deviazione a piedi alla base di una bellissima cascata vista due giorni prima salendo lungo la strada; proseguo la discesa fino a Mojstrana dove mi tolgo l’abbigliamento pesante; da qui seguo la ciclabile risalendo la valle fino a Kranjsca Gora; sosto un momento qui e poi proseguo in direzione del confine italiano e di Tarviso sempre lungo una meravigliosa ciclabile dalla parte opposta rispetto alla strada statale; arrivo a Tarvisio seguendo la ciclabile che mi accorgo essere la vecchia linea ferroviaria riutilizzata perche’ praticamente si arriva alla vecchia stazione ferroviaria; qui faccio una deviazione nella via principale dove cerco un posto per fare rifornimento viveri; parecchio movimento di pedoni e traffico di auto e moto; la giornata e’ bella e calda; mi fermo al visitor center per chiedere informazioni anche se non mi serve nulla di particolare; faccio due passi in centro ma il casino mi da alla testa e prefersico scappare presto; il supermercato lo trovero’ qualche chilometro fuori dall’abitato; proseguendo sulla strada principale un po’ trafficata mi fermo a chiedere ad una pattuglia della Polizia se esiste la possibilita’ di evitare questo tratto apparentemente non bello da fare in bici; mi dicono che non conviene visto che la ciclabile rientra poco dopo sulla strada che sto seguendo; pazienza!; tiro dritto e viaggio spedito attraverso la valle molto assolata e calda; il traffico non e’ fastidioso come pensavo; con una decisa e costante discesa raggiungo Pontebba, dove mi fermo accaldato per godermi un panino e una birra prima della salita al passo che mi attende piu’ tardi; non voglio affrontarla nel pieno delle ore piu’ calde; perdo un po’ di tempo nella piazzetta centrale guardando il movimento di ciclisti che hanno appena terminato una gara proprio scendendo dal passo che io devo salire; l’atmosfera euforica di fine gara e’ divertente, rilassata stanca ma piacevole allo stesso tempo; ritemprato dal panino e dalla birra mi faccio coraggio e mi convinco a salire di nuovo sui pedali; addio dolci discese rilassanti e brezza fresca data dalla velocita!; ora mi attende un bel salitone! me ne accorgo subito che la musica e’ cambiata … ci vuole sempre un po’ per abituare il corpo e la mente alla variazione di ritmo fra discesa e salita; soprattutto se ci si porta appresso un carico di 4 borse laterali + tenda; la salita inizia subito fuori l’abitato; in generale con passo costante si sale bene ma in alcuni punti si fa davvero ripida e per non forzare troppo preferisco fare dei piccoli traversi (esperienza scialpinistica adattata alla bicicletta e alla strada!); spesso vengo raggiunto e superato da altri ciclisti piu’ leggeri che mi salutano e si allontanano velocemente; non c’e’ invidia ne’ ammirazione in me per questo; che provino loro a fare cio’ che sto facendo io ora … non per un giorno …. per 3 settimane! poi vediamo chi ha il fisico!
arrivo in cima al passo in compagnia di una coppia di tedeschi che parlano inglese; facciamo due foto insieme e poi loro ridiscendono mentre io proseguo in terra austriaca.
La discesa a Tropolach e’ bellissima e veloce; arrivato in valle tolgo qualche strato di maglia e mi riassetto per la pedalata; l’aria e’ calda; e la luce e’ bella; in fondo alla valle, verso ovest pero’ si vede bene lo scuro di un possibile temporale; io devo andare proprio da quella parte; percorro la strada molto bella che costeggia una serie infinita di prati dal colore verde brillante e pascoli; inizio a sentire il rombo di qualche tuono e l’aria e la luce si fanno sempre piu’ cupe; inizia a piovere con una certa insistenza ma la temperatura e’ ottima ed e’ piacevole procedere anche sotto un po’ d’acqua; la situazione pero’ va sempre peggiorando; iniziano i lampi e i tuoni si intensificano; ora sono quasi sotto il temporale; decido di fermarmi sotto una pensilina di attesa del bus poco prima che si scateni un vero e proprio nubifragio; rimango seduto sulla panchina al coperto per una buona mezz’ora e ne approfitto per mangiare un boccone; inizialmente pensavo di cucinarmi qualcosa ma il vento rende fastidioso il tutto quindi estraggo dal sacco un bel panino con il salame e una banana; attendo che il temporale passi o si attenui; quando il peggio sembra passato mi accorgo che la coda della perturbazione e’ lunga; non si vede la luce e la pioggia, anche se sensibilmente diminuita, non ne vuole sapere di smettere; sono gia’ le 19 e io vorrei trovarmi un posto comodo dove dormire e farmi una doccia; aspetto ancora un po’ ma poi decido di uscire di nuovo allo scoperto nonostante continui a piovere per proseguire qualche chilometro e trovare un posto buono per la notte; lo trovo dopo pochi chilometri ai lati di una strada poderale che costeggia il torrente; scelgo un prato un po’ appartato e vado subito a fare un bagno nel torrente; continua a piovere e mi affretto a montare la tenda e buttare dentro tutti i miei averi; la bici la lego al telo esterno della tenda; stanco ma soddisfatto mi corico scaldando la tenda con il fornello cucinandomi qualcosa da mangiare; piu’ tardi mi chiama Beppe chiedendo notizie della mia giornata e della mia posizione; la stanchezza e la reazione caldo/freddo dovuta alla salita, alla discesa e al temporale mi cuociono la testa; non ho la forza di leggere il libro che mi sono portato; spengo la lampada e mi avvolgo nel sacco.
domenica 10 agosto
La Lesachtal
Kotschach – Maria Luggau – Obertilliach – Kartitscher Sattle (1530 m.) – Sillian – San Candido/Innichen
lunghezza 93 km
dislivello 1200 m.
la notte trascorre bene; avverto la pioggia insistente battere sul telo della mia tenda; ogni tanto cessa; qualche volta mi giro ben protetto nel mio sacco; il mattino mi alzo di buonumore e prima di scivolare fuori dal sacco metto la testa fuori dalla tenda; sorpresa; la giornata si preannuncia bella!; faccio colazione in tenda e poi esco ad organizzare le borse; per (sperare) di asciugare il materiale bagnato fradicio che ha preso acqua tutta notte vado a fare le mie operazioni stendendo e spargendo tutto sull’asfalto della stradina; nemmeno a farlo apposta ecco una macchina che passa proprio di li; scosto tutto velocemente e la macchina passa; la signora ringrazia e saluta; io me la prendo comoda; arrivano anche almeno tre trattori con autobotte che parcheggiano ai bordi del prato e non capisco cosa stiano aspettando; poco dopo ecco arrivare un furgone del latte con autobotte; ora capisco; trasbordano il latte fresco appena munto nella cisterna; poco dopo ecco ancora la signora di prima che passa di nuovo; questa volta si ferma e si dimostra interessata a parlare con me; e’ incuriosita e divertita dal mio stile di viaggio e dalla mia avventura; e’ contenta di sentire che mi piace molto la zona e che e’ la prima volta che passo di li; ci salutiamo simpaticamente mentre io torno sulla strada principale; questa e’ ancora bagnata dall’acqua caduta copiosa per tutta la notte ma il sole mattutino la sta asciugando; il vapore sale dall’asfalto che comincia ad asciugarsi; la salita mi attende poco fuori dal paese; lo strappo e’ subito duro e dopo un paio di tornanti mi trovo a costeggiare un bosco fitto; inaspettatamente sbuco di nuovo in un alpeggio verde con caratteristiche case e campanili a cipolla; piacevole pedalare qui attorno; la strada continia cosi’ per tutto il giorno, su e giu’ per gli alpeggi; dentro e fuori dai fitti boschi di abeti; continua con dolci curve e alcuni tornanti; ripidi strappetti in salita e inebrianti discese attraverso i pascoli; mi fermo a mangiare qualcosa in un abitato dove c’e’ un po’ di movimento e qualcuno vestito con abiti locali; la giornata e’ lunga ma scorre bene; faccio la mia entrata a San Candido sulla pista ciclabile in uno splendido fine pomeriggio estivo con una luce brillante, il sole leggermente basso e una temperatura veramente ok; la cittadina pullula di turisti; mi aggiro incuriosito per le vie centrali guardando la bella chiesa, i balconi fioriti, alcune case con una struttura davvero originale e curata; le vetrine ed i negozi delle vie centrali sono sempre “omologati” simboli del consumismo e della standardizzazione ma e’ sempre curioso soffermarsi dove si notano alcuni negozi con vetrine originali, ideate e addobbate con estro e creativita’ nonostante il contenuto non mi interessi; come sempre sono attratto da negozi di libri ma anche di coltelli e utensileria varia, enoteche, prodotti artigianali locali, naturalmente sport; passano quasi inosservati per me i negozi di abbigliamento; faccio piu’ di un giro in centro senza meta; trovo una piazza dove c’e’ un campo tendato con una festa con musica e cibo; non ci penso due volte e mi fiondo allo stand per mangiarmi un meritato panino con salsiccia alla festa della birra godendo anche di un po’ di musica dal vivo; il pomeriggio pare non finire mai; mi aggiro nuovamente per cercare un posto dove poter piazzare la tenda piu’ tardi e dove fare un bagno ristoratore nel torrente e noto le indicazioni per Sexten; c’e’ una ciclabile che percorre la valle; decido di fare una deviazione e andarci; lascio alle mie spalle San Candido e mi allontano lungo la ciclabile sterrata costeggiando il torrente; saranno circa 7 km di percorso bellissimo nel bosco; arrivo a Sexten e un nuvolone incupisce il cielo e maschera il sole; la variazione di temperatura si fa subito sentire; giro un po’ il paese anche animato da turisti sfaccendati e colorati; faccio una piccola spesa al supermarket e di nuovo in sella punto verso la chiesa parrocchiale; scendendo una stradina ripida succedo un piccolo danno; ho dimenticato di indossare gli occhiali che sono rimasti appesi al manubrio come sono solito fare quando parcheggio la bici; guidando guardandomi in giro prendo un tombino e il sobbalzo fa cadere gli occhiali che vanno a finire sotto la ruota posteriore che si blocca frenando la bici; rischio di cadere con le borse; riesco a rimanere in piedi, mi fermo, torno indietro per recuperare quello che rimane degli occhiali e noto che sono irrimediabilmente rotti; ok … necessitero’ un rinnovo di attrezzatura ciclistica!; ritorno verso San Candido seguendo sempre la ciclabile; ora la strada e’ tutta in discesa; mi fermo nei pressi di un ponticello che avevo addocchiato durante il tragitto di andata; ormai e’ tardino e non passa quasi piu’ nessuno sulla ciclabile in questo tratto di bosco; mi spoglio e mi tuffo nel torrente; riemergo con un urlo per l’acqua fredda, mi insapono e mi tuffo di nuovo sciacquandomi; riemergo e, completamente nudo, mi avvicino alla bici parcheggiata in riva per prendere il cambio di vestiti puliti; ok; ora sono pulito e profumato; per oggi stop attivita’ fisica; salgo in sella e mi dirigo in discesa verso il centro di San Candido; qui rimango ad assistere ad un concerto di musica popolare fino a quando avverto i sintomi della stanchezza quindi, verso le 21, mi dirigo appena fuori l’abitato, nei pressi di un maneggio vicino alla pista ciclabile, un posto che avevo localizzato nel tardo pomeriggio; qui monto la mia tenda e in 5 minuti mi trovo avvolto nel mio sacco lenzuolo; la temperatura non e’ rigida; il sacco a pelo in questi casi, se serve, lo uso solo come coperta; mi addormento poco dopo piacevolmente.
lunedi 11 agosto
La grande strada delle Dolomiti
San Candido/Innichen – Dobbiaco / Toblach – Carbonin/Schluderbach – Col Sant’Angelo – Rifugio Auronzo alle Tre Cime di Lavaredo (2320 m.) – Misurina – Passo di Tre Croci (1805 m.) – Cortina d’Ampezzo – stop nel bosco verso il passo di Falzarego
lunghezza 70 km
dislivello 1700 m.
il risveglio e’ ottimo e la mattina fresca e limpida; la rugiada ha bagnato il telo della tenda e il prato circostante; durante la colazione che faccio sull’asfalto asciutto della pista ciclabile mi incrociano un paio di corridori mattinieri e una ragazza che esce dal maneggio con il suo cavallo accompagnata dal suo simpatico cane; con un sorriso ci auguriamo buona giornata e lei mi guarda incuriosita intuendo come e dove ho passato la nottata; attraverso nuovamente il centro di San Candido e mi dirigo verso ovest lungo la bella ciclabile che attraversa i pascoli costeggiando la ferrovia in pianura e leggera discesa in direzione di Dobbiaco; questa localita’ turistica dista una decinia di chilometri e la raggiungo in breve tempo; la mattinata e’ fresca e io sono copeerto; inizio ad incrociare qualche ciclista che viaggia in senso inverso al mio; arrivo a Dobbiaco nei pressi della stazione ferroviaria; c’e’ movimento di ciclisti e pedoni; mi dirigo subito verso la valle che si inoltra fra le montagne in direzione di Cortina; la strada e’ trafficata da un movimento turistico; moltissime targhe straniere; tedeschi, olandesi, francesi, polacchi, cechi; nei pressi del algo di …. mi immetto sulla bella pista ciclabile sterrata che costeggia il torrente e la strada principale; si potra’ utilizzare fino a Cortina ma io devio per risalire la valle in direzione del lago di Misurina; la pendenza non e’ mai terribile ma si fa sentire inoltre voglio dosare le forze per lo strappo che mi attende piu’ tardi; inizia la parte tosta della giornata; la salita al Rifugio Auronzo e’ davvero impegnativa; le auto devono pagare il pedaggio; a noi ciclisti questa incombenza e’ risparmiata ma la fatica compensa questo privilegio; la pendenza e’ sempre sostenuta e con il carico e’ davvero qualcosa da provare!!; molti ciclisti leggeri mi superano e si complimentano; un terzetto addirittura mi incita e fa il tifo per me; piu’ in alto, dove la pendenza non molla mai e il tratto rettilineo si fa duro anche psicologicamente supero persino un paio di ciclisti che stanno procedendo a piedi con la bici a mano; io salgo pianissimo ma inesorabile alla folle velocita’ di 4, 5 km /ora; la giornata non e’ male ; quando il sole riesce a filtrare fra le tante nubi di passaggio si sente il suo calore; arrivo al parcheggio sotto le torri fra le urla di incitamento del terzetto che mi ha superato alcuni km piu’ in basso; mi copro subito; la vista delle torri e’ ostacolata dalle nubi che ogni tanto si addensano lungo le pareti rocciose; chiacchiero piacevolmente con il trio e poi ci salutiamo; diriscendo qualche decina di metri pr andare al rifugio; qui fuori parcheggio la bici e mi preparo con i fornello per farmi una bella minestrina e nel frattempo mangio un panino; alcuni turisti mi guardano incuriositi e mi fotografano; forse sono attratti dal mio abbigliamento un po folkcloristico, dalla barba incolta che tradisce il mio stile di viaggio un po’ spartano, dalla mia bici e da tutta l’attrezzature che sto estrasendo dalle borse; incurante, mi siedo a mangiare con cucchiaio direttamente nel padellino; le nubi vanno e vengono; decido di rilassarmi un po’ aspettando che si rischiari; finito il pranzo decido di abbandonare la bici per fare una passeggiata veloce al Rifugio Lavaredo costeggiando le pareti delle famose Tre Cime; cosi’ faccio; la strada ampia e sterrata e’ percorsa da una folla di turisti ma la giornata e il panorama non sono fortunati; ogni tanto ci sono buoni squarci di vista sulle cime ma in generale non si ha mai la totalita’ della vista; spiace un po’ essere sul posto di un’icona delle montagne e non riuscirne a goderne appieno ma come sempre, si prende quelllo che viene …; arrivo al rifugio e addirittura si avverte qualche goccia di pioggia piu’ inistente; chiacchiero con un signore che utilizza un tutore al ginocchio simile al mio (che non ho portato visto che sono in viaggio in bici) e inizio il mio ritorno con passo spedito; dialetti e accenti non esattamente “di montagna” si sentono un po’ ovunque; risalgo sulla bici e mi appresto a scendere fino a Misurina lungo la strada di salita; la ripidita’ della strada si fa sentire; sono costretto ad usare i freni in modo molto aggressivo; appena rilasciate le leve la bici acquista velocita’ in brevissimo spazio e le auto sono di intralcio alla mia discesa; gioco con le traiettorie nelle curve e nei tornanti; in rettilineo sto attento e mi riprometto di non superare i 70 km/h; un sobbalzo impreviso a questa velocita’ e il contraccolpo delle borse potrebbero essere davvero pericolosi rendendo la bici difficile da governare; la frenata e’ molto piu’ lunga rispetto alla bici scarica; in un attimo sono sulle sponde del lago di Misurina con pedalo’ annessi (che scena triste …!); la giornata e’ un po’ grigia ma sono contento di essere qui; attraverso Misurina, posto carino ma troppo turistico per i miei gusti, e mi dirigo verso Cortina; devo risalire brevemente il passo 3 Croci; prima di rimettermi a pedalare mi spoglio di nuovo; mi copriro’ per la discesa a Cortina che mi aspetta dopo circa 5 km.
arrivo in velocita’ in Cortina passando sotto le pareti dolomitiche e attraversando bei boschi; ogni tanto pioviggina; scendo dalla bici per passeggiare nella zona pedonale; tanta gente a passeggio in centro; cerco un supermercato e individuo una bici superatttrezzata come la mia; poco dopo incontro il suo proprietario; un ragazzone tedesco simpatico; stiamo a chiacchierare una buona mezz’ora dandoci suggerimenti, indicazioni, consigli e scambiandoci esperienze e stimando le nostre avventure; grazie alle sue indicazioni trovo subito il negozio dove comperare qualcosa per la sera; sono impegnato nella riorganizzazione del mio bagaglio dopo la spesa quando un personaggio simpatico si avvicina e inizia a tempestarmi di domande su cosa faccio da dove vengo dove vado perche’ sono da solo ecc; dopo l’intervista mi siedo a sorsegggiare lo yogurth su una panchina; guardare i passanti e accarezzare alcuni cani che passeggiano con i rispettivi padroni; passeggio anche io con a fianco la mia bici; mi cade la catena; 2 ragazzotti si offrono per aiutarmi; non voglio sporcarmi le mani e, maneggiando con il cambio e un paio di avanti-indietro la catena sale; ringrazio per la partecipazione i due ragazzi che si dichiarano essere anche loro ciclisti e me ne vado di nuovo in centro; incontro di nuovo il ragazzone tedesco entrambi abbiamo capito che questo non e’ posto per noi; va bene la gente, i colori delle vetrine, il cibo e la musica; le belle ragazze da guardare e che ci guardano con fare fra il divertito e lo stupito ,… ma dopo poco tempo abbiamo entrambi mal di testa; mal di gente; mal di citta’!; si infatti, perche’ Cortina d’Ampezzo alla fine e’ una piccola citta’; entrambi scappiamo da li ognuno per la propria direzione; riesco persino a fare la mia prima coda al semaforo cercando di uscire da Cortina; per fortuna la deviazione per il passo di Falzarego e’ poco distante; mi fermo, mi spoglio per la salita e inizio lentamente a seguire la strada che si inerpica fra villette, alberghi pascoli e boschetti; con pochi ampi tornanti e semicurve; Cortina rimane sempre piu’ in baso alla mia sinistra mentro io salgo, salgo salgo lentamente, il respiro ritmato, la pedalata rilassata e cadenzata mi fa progredire bene; saranno passate le 19; cerco un posto dove fermarmi e un torrente per la doccia e l’acqua per la cena intanto salgo, salgo salgo; piu’ volte addocchio un posticino ma poi dico no, vai avanti ancora un poco che troverai qualcosa di meglio; la strada e’ bellissima nei boschi e il traffico e’ ormai minimo data l’ora e la distanza da Cortina che rimane giu’ in valle; arrivo in un ampio parcheggio sterrato lungo la strada; si sente lo sciabordio del torrente che non deve essere lontano; qui ci sono parcheggiati diversi automezzi di grandi dimensioni della RAI; c’e’ anche un addetto alla vigilanza; mi spiega che gli automezzi contengono costumi di scena e strumentazioni varie; lui fara’ la guardia qui per la notte; io non disturbo a stare poco distante da li; detto fatto; monto la tenda, raggiungo il torrente per la doccia e il cambio e ritorno in tenda per la cena; mi addormento piacevolmente leggendo qualche pagina del libro.
martedi 12 agosto
Le meraviglie nascoste dei Serrai di Sottoguda
Passo di Falzarego (2117 m.) – Caprile – Malga Ciapela – Passo di Fedaia (2057 m.)
lunghezza 49 km
dislivello 1500 m.
notte lunga e riposante; al mattino mi sveglio comodamente in tenda e faccio colazione; apro il telo interno ed esterno e quando metto fuori la testa per controllare il meteo mi accorgo che la mattinata non si annuncia delle migliori; e’ grigio e le splendide Dolomiti non si vedono bene come desidererei … anzi … mancano proprio!; si notano i boschi che man mano si diradano salendo con l’altitudine lasciando il posto a ghiaioni sempre piu’ ripidi che poi sfumano nei nuvoloni soprastanti; la’ dietro si ergono le splendide pareti dolomitiche che oggi si nascondono alla mia visita; solo un assaggio durante la giornata mi fara’ intuire la loro dimensione e bellezza; un po’ rassegnato per la sfortuna ma per nulla intimorito o svogliato, so che anche oggi ho tanta strada davanti a me; non so cosa’ capitera’ poco piu’ avanti e voglio solo proseguire la mia avventura; dopo il solito rito mattutino, parto in salita completando l’ascensione al passo di Falzarego lungo la splendida strada quasi deserta dovuto alla cattiva giornata e all’ora ancora troppo mattiniera; non tarda ad iniziare a piovere; non e’ una pioggia insistente e non mi copro con la cerata o il k-way ma proseguo sui pedali; lungo la strada, nei pressi di qualche piccola area di sosta ai limiti del bosco vedo alcune auto parcheggiate; un gruppetto di cechi mi saluta facendo colazione; hanno dormito nel furgone; una famigliola invece cerca di individuare alcuni arrampicatori con il binocolo; mi fermo per individuarli anche io e li noto a circa 2 tiri di corda dall’attacco; ce ne sono diversi; forse e’ una arrampicata di ripiego dato il meteo inclemente; si odono le voci dei compagni di cordata che stanno arrampicando; proseguo la mia lenta ascensione al passo nel grigiore mattutino e cerco la Tofana di Roses ma la vedo per poco grazie a una breve schiarita; arrivo al passo dopo circa 7 km dalla partenza di questa giornata; un pullmann scarica turisti giapponesi al passo e questi senza quasi guardarsi attorno si rintanano nel negozietto strapieno di souvenir e cose inutili ; segue il classico cliche’; bar, bagno, esplorazione degli articoli piu’ improbabili ed inutili in vendita prima di risalire sul pullman che attende paziente parcheggiato fuori; io parlo con due ragazzi che stanno organizzando la loro giornata escursionistica cercando di capire dove andare in mezzo alle nubi; il meteo non accenna a migliorare; prima di partire per la discesa mi copro a dovere; in questo momento sembro piu’ un motociclista che un ciclista!; inizio la discesa e mi pento subito di non stare salendo ancora; l’aria fresca diviene fredda e la pioggia adesso bagna decisamente di piu’; speravo di non dover indossare anche la tuta antipioggia ma sembra che sia proprio arrivato il momento; con una certa attenzione affronto i tornanti evitando di piegare troppo in curva e tenendo ben il controllo della velocita’; una caduta non sarebbe divertente; durante la lunga discesa piove in modo insistente soprattutto nella parte bassa della strada dove questa attraversa una fitta abetaia; meno male che qui la discesa non e’ ripida ed e’ solo un tratto di scorrimento veloce e protetto dagli alberi; l’aria e’ molto umida, il cielo scuro e il bosco contribuisce a fare sembrare ancora piu’ cupa la giornata ma almeno non tira vento e sono piu’ protetto; arrivo a Caprile, altra localita’ turistica sotto un’acquazzone insistente ma la temperatura e’ accettabile; cerco un posto dove fermarmi al riparo per me e la mia fidata bicicletta; ogni tanto un raggio di sole cambia completamente la giornata che si fa limpida e calda ma sempre sotto la pioggia; gironzolando individuo fra la gente in giro a fare colazione, shopping e altro, 3 biciclette belle cariche come la mia; sono parcheggiate davanti ad una pasticceria; giusto suggerimento; lascio la bici poco distante e mi concedo una splendida cioccolata con un paio di brioches; faccio conoscenza con 2 tipe molto carine; sono “conciate” come me e si vede subito che sono loro le proprietarie delle bici la fuori; sono francesi e comunichiamo un po’ in francese un po’ in inglese; si aggiunge anche un ragazzo e scambiamo quattro battute; scopro che sono diretti verso il passo Fedaia e ci ripromettimo di trovarci e fare la salita insieme; ci salutiamo e io approfitto per fare un giro per l’abitato; fermandomi poco dopo a fare le foto da un ponticello, ecco che arriva anche il gruppetto delle due ragazze e il ragazzo; partiamo e subito fuori l’abitato inizia la salita; ci spogliamo degli indumenti impermeabili anche perche’ ora c’e’ anche un po’ di sole e la temperatura si fa decisamente calda; il traffico e’ fastidioso e non si riesce a chiacchierare uno di fianco all’altro ma dobbiamo procedere in fila indiana; si chiacchiera e si sale; alterno la conoscenza delle due ragazze con due chiacchiere con il ragazzo; quando mi intrattengo di piu’ con lui ci accorgiamo che inavvertitamente abbiamo lasciato indietro le ragazze; ci fermiamo ad aspettarle in uno spiazzo poi ripartiamo tutti insieme; decidiamo di percorrere la vecchia strada che attraversa le spettacolari gole chiamate Serrai di Sottoguda; I Serrai, percorsi dal torrente Pettorina, sono impressionanti gole con le pareti strapiombanti alte fino a 50 metri e con una larghezza di 10/12 metri; la strada corre sul fondo e attraversa piu’ volte il torrente con pittoreschi ponticelli; e’ percorribile solo a piedi o in bicicletta ed e’ piacevolissima nonostante la pendenza in qualche punto davvero impegnativa! usciti dalle gole facciamo uno sforzo e arriviamo insieme a lla stazione della funivia di Malga Ciapela; la giornata si e’ ingrigita di nuovo; loro decidono di fermarsi per pranzo; io proseguo la mia salita e ci lasciamo ripromettendoci di trascorrere la notte in tenda al passo; mi chiedono di tenere posto per due tende oltre la mia; dopo esserci scambiati le email ci salutiamo simpaticamente con l’intenzione di rivedersi a meta’ pomeriggio; la salita da Malga Ciapela e’ molto aggressiva; un lunghissimo rettilineo ripido stronca le gambe e la testa; procedo davvero piano e a testa bassa concentrandomi sulla respirazione e non volendo guardare o chiedermi quanto manca; un po’ di venticello non fa male allo sforzo fisico; per ora non piove ma la Marmolada non si vede; le funi della funivia si perdono nella nube compatta sopra la mia testa; arrivo alla fine del lungo rettilineo e ora inizia la sezione dei tornanti; la pendenza non diminuisce ma trovo piu’ facile salire a tornanti avendo come riferimento un punto preciso e non un rettilineo infinito che sembra non terminare mai; salgo, salgo ,salgo sempre fino ad arrivare magicamente al passo; qui c’e’ un rifugio e una diga; il luogo non mi piace molto; la giornata e’ grigia; qualche motociclista e automobilista scatta ua foto frettolosa intirizzito dal freddo; oltre la diga vedo il lago di Fedaia percorso da una galleria che si apre in una strada normale sul margine destro del lago; all’estremo opposto del lago vedo un’altra diga e qualche edificio; mi sembra un posto un po’ piu’ ampio e meno chiuso di questo; decido cosi’ di fare ancora quei 3/4 km che mi separano dal passo Fedaia dell’altro lato del lago; costeggio il lago e faccio qualche stop per fare foto sperando in una schiarita per vedere quello che rimane del ghiacciaio della Marmolada; ci sono proprio sotto ma si intuisce solo qualche nevaio poco piu’ in alto ; tutto il resto sfuma nella densa nube soprastante; costeggio il lago e attraverso la diga avendo individuato dalla parte opposta una zona parcheggio per camper/caravan; sembra un posto buono per mettere le tende; c’e’ vento e la temperatura e’ tutt’altro che calda; oltre la diga mi arrampico con un ultimo strappetto molto fisico fino al parcheggio; qui metto la tenda e organizzo il campo; trovo anche il torrente dove farmi una doccia e cambiarmi; ora sono pulito e rilassato e non mi resta che gironzolare aspettando una improbabile schiarita e gli amici francesi; il tempo peggiora decisamente; si scurisce velocemente e diventa buio; e’ un temporale; la pioggia da insistente diventa un acquazzone; tuoni e fulmini si susseguono e sono costretto a ripararmi sotto una tettoia; le grondaie dei tetti scaricano fiumi d’acqua in strada; il torrente dove mezz’ora prima avevo fatto un bagno si e’ ingrossato di 10 volte; ora sarebbe impossibile essere nel punto dove poco prima ero seduto ad insaponarmi; vado verso la mia tenda che ha retto benissimo al temporale; entro al bar per una birra e faccio caricare il cellulare; trascorro un po’ di tempo con la titolare del bar e poi con una ragazza francese entrata per bere un bicchiere di vino rosso; dei miei amici nemmeno l’ombra; ora si fa buio; rinuncio all’idea di vederli di nuovo; si saranno fermati da qualche parte nel pomeriggio per ripararsi dal forte temporale e avranno deciso di non proseguire; la ragazza francese al bar mi dice di aver notato 3 ciclisti che nel pomeriggio arrancavano in salita ma non sono mai arrivati dove li aspettavo. per l’indomani mattina avrei il progetto di salire a piedi verso la cima della Marmolada ma il gestore dell’impianto di risalita non mi lascia speranza per le previsioni meteo del giorno successivo; mi dice in modo sicuro che e’ brutto in ogni caso il sentiero segue i piloni della teleferica …; un po’ contrariato per il meteo che mi sta ostacolando le escursioni non ciclistiche mi chiudo in tenda a ripararmi; qui si sta molto bene; spesso avverto delle forti folate di vento e di acqua e proseguira’ cosi’ per tutta la notte.
mercoledi 13 agosto
Canazei – Passo di Sella (2244 m.) – Ortisei/St. Ulrich – Passo di Pinei/Panider Sattel (1426 m.) – Castelrotto/Kastelruth – Bolzano/Bozen – Sarentino
lunghezza 109 km
dislivello 1700 m.
Mi sveglio al mattino presto sperando di prepararmi e finalmente indossare gli scarponi per la salita alla Marmolada che si staglia proprio sopra la tenda ma per tutta la notte ho sentito il ticchettio della pioggia sul telo della tenda alternato a potenti folate di vento; le premesse quindi non augurano nulla di buono; caccio fuori la testa dalla tenda con sguardo assonnato e quello che vedo non mi piace; e’ la conferma di quanto mi aspettavo e delle previsioni che circolavano gia’ dalla giornata precedente; nuvole basse, pioviggine, raffiche di vento; la montagna nemmeno si vede; rassegnato richiudo la zip della tenda e mi raggomitolo di nuovo nel mio sacco; piu’ tardi decido di darmi una mossa in ogni caso; La Marmolada oggi non mi vuole … andiamo avanti … sempre!; dopo le solite operazioni di routine eccomi attraversare nuovamente la diga per portarmi sulla statale che scende dal passo verso Canazei; muovendomi da qui perdo la speranza di rivedere le due francesine carine e il ragazzo simpatico ma … cosi’ vanno i miei viaggi … cosi’ spesso va anche la vita, fatta di incontri anche casuali cui, se non viene data importanza o non si coglie l’attimo, svaniscono velocemente cosi’ come si sono presentati.
Eccomi quindi impegnato nella discesa verso Canazei; e’ sempre bello e rilassante ma il tempo grigio e piovigginoso rende insidioso il tutto; scendo, scendo scendo fino sopra l’abitato di Canazei; da qui prendo la deviazione per il mitico passo Sella; la giornata e’ grigia ma almeno ha smesso di piovigginare; appoggio la bici al guard-rail per le operazioni di svestizione; da qui si inizia nuovamente una lunga salita e mi metto in assetto da salita; sempre coperto ma senza la tuta antipioggia; il trafffico e’ scarso anche data la giornata; la salita inizia negli stupendi boschi e sale sale sale con curve sinuose e qualche tornante; quando gli alberi si diradano per fare spazio ai pendii erbosi e ai pascoli si vedono splendide muraglie di roccia che si perdono nelle nubi basse e grigie; il paesaggio e’ affascinante anche cosi’ ma la luce lattiginosa non rende giustizia alla bellezza e alla fama di questi luoghi; salgo salgo chino sul manubrio; ogni tanto compio movimenti di stretching per rilassare la muscolatura della schiena e del collo messi a dura prova dalla postura sulla bici, dalla pendenza delle salite, dal vento in discesa e dalle lunghe ore in sella; anche se la giornata non e’ decisamente bella io sono sereno; mi accorgo che sono a mio agio ed e’ quasi divertente misurarsi in salita con l’ambiente circostante; alcune auto mi superano; qualcuno espone il braccio con il pollice alzato in segno di approvazione per il mio spirito sportivo (o forse mi sta solo prendendo in giro …); io proseguo caparbio e arrivo in cima al passo Sella con un vento fastidioso e fresco; ci sono 8 gradi; mi fermo al riparo dietro un muro e mi copro subito; risalgo di corsa su per un sentierino fino a un piccolo promontorio dietro il rifugio del passo per fare una foto anche se la giornata e’ un po’ triste; click e giu’ di corsa; non ci sono ragioni per trattenersi qui piu’ del dovuto; giu’ subito in discesa; l’aria fredda e il vento nelle orecchie non sono proprio piacevolissime …. scendo scendo scendo e riinizia a piovere; quando arrivo a Ortisei la giornata non e’ cambiata; facendo una passeggiata nelle vie centrali c’e’ tanta gente a spasso con l’ombrello; addirittura inizia a piovere forte e mi riparo sotto i portici con la mia fidata bici; la gente che passeggiava in strada con ombrello ora si riversa tutta a passeggiare sotto i portici; qualche temerario vestito di tutto punto sfida la pioggia passeggiando fuori dai portici per evitare la ressa; io resto a guardare e vedere tutta la gente che vocifera, si chiama, si aspetta, passeggia, fa la spesa, bambini che fanno capricci, signore attempate vestite di tutto punto e visibilmente artefatte, fighetti vanitosi e firmati … mi viene il mal di testa …
Aspetto che lo scrioscio finisca mangiando qualcosa che estraggo dalla borsa; d’altronde il languorino che mi attanaglia lo stomaco e’ giustificato; oltre alle 2 discese e alla risalita gia’ fatta mi accorgo che e’ l’ora di pranzo; il meteo non accena a migliorare; rassegnato ma deciso, mi rimetto in sella; esco dalla trafficata Ortisei e scendo lungo la valle per proseguire il mio viaggio; arrivo al bivio che mi fa salire al secondo passo della giornata; il passo di Pinei; superata una corta galleria in curva ecco che la pioggia si trasforma in diluvio; le ondine in rapida sequenza che scivolano sul fondo stradale, il fruscio delle auto che ti superano e alzano il pulviscolo che ti bagna ulteriormente; il ticchettio delle gocce sulla cerata … la salita e’ bella, la temperatura e’ piacevole ma la pioggia rende tutto abbastanza fastidioso; va detto pero’ che oltre un certo limite non ti puoi piu’ bagnare; superato quello, tutto si fa piu’ accettabile; ed e’ li che inizia il bello; incurante della pioggia delle auto, delle pozzanghere, dell’umidita’ dei prati e dei boschi giungo al passo immerso nelle nuvole; autoscatto bagnato fradicio; un’auto si ferma vedendomi da solo in bici pensando io abbia bisogno di qualcosa; niente … tutto ok …; e’ ora di scendere ma dopo pochi secondi mi accorgo che l’aria fresca mi fa capire che avrei preferito salire; lunghissima e piacevole discesa verso Castelrotto; occhio all’acquaplaning , la pioggia e’ davvero tanta; i freni a disco devono essere sempre pinzati per impedire che la patina d’acqua si formi sui dischi rendendo la frenata praticamente impossibile; arrivo a Castelrotto dove cerco un alimentari; mi ingozzo di krapfen e faccio due passi senza bici sotto la pioggia poi riparto in discesa in direzione valle dell’Adige e Bozen; scendendo oltre Castelrotto la pioggia sembra diminuire e a Fie’ allo Sciliar sono bagnato ma il vento piu’ caldo mi sta gia’ asciugando; continuo l’interminabile discesa e mi accorgo di come il bosco sta cambiando; terminati i prati e i pascoli, superate le distese di abeti, ora siamo immersi in boschi di latifoglie; il traffico e’ aumentato; e’ piu’ traffico “cittadino” o di paese “normale” non di paese di montagna …. scendo scendo e arrivo a fondovalle; l’autostrada del Brennero e’ di fianco a me; poco piu’ in la’ scorre il grande fiume; io individuo la pista ciclabile che e’ stata ricavata dalla ferrovia in disuso; lo capisco perche’ mi trovo a percorrere una vecchia galleria illluminata e asfaltata solo ad utilizzo dei ciclisti; arrivo alla periferia di Bozen e cerco le indicazioni per il centro; non ho difficolta’ a trovare il centro storico che e’ animato da colori di fiori aiuole gente e turisti e musica dal vivo; come d’incanto c’e’ anche uno squacio di sole caldo … molto rilassante; mi godo l’atmosfera cittadina dopo alcuni giorni di montagne, grigio pioggia vento e fatica; inaspettatamente vengo ripreso da un tizio che sostiene che con la bici parcheggiata con il pedale sul cordolo dell’aiuola (per tenerla in piedi) sto schiacciando i fiori e vuole chiamare la polizia; si rivolge a me con tono autoritario in tedesco e io chiedo di parlare in inlgese o italiano; con fare saccente mi parla in italiano …. purtroppo mi sorprende e non reagisco come vorrei; gli dico di non rompere le scatole e me ne vado con la mia bici spostandomi di pochi metri a sentire un tizio che suona l’organetto in piazza attorniato da un po’ di gente; proseguo il mio giro di perlustrazione della citta’ perdendomi fra le viuzze del centro fino a quando decido di passare al supermercato per il rifornimento viveri; fatto questo individuo la ciclabile che esce dal centro in direzione nord; mi lascio alle spalle Bozen e risalgo la valle verso la Val Sarentino; la ciclabile termina poco fuori citta’ e mi immetto sulla strada principale che si fa subito salita; per superare la selvagge gole del torrente sono costretto ad attraversare ben 22 gallerie e, sporgendomi dai parapetti guardo il torrente scorrere selvaggio impetuoso e minaccioso giu’ in fondo alle gole; selvaggio ma bello l’ambiente; salgo inesorabilemente e si fa quasi buio quando giungo nel capoluogo di Sarentino; qui c’e’ una festa paesana con musica e cibo e colori tanta gente in giro per le strade; passeggio anche io bici a mano e cerco una fontana per sciacquarmi e cambiarmi poi torno a sentire un po’ di musica in piazza; ormai e’ buoi; esco dall’abitato e sulla ciclabile sterrata nei pressi del torrente trovo un posticino per la mia tenda proprio sotto una edicola votiva; monto la tenda mi cucino qualcosa e mi addormento presto; non piove piu’ e il meteo sembra inmiglioramento per la giornata successiva.
giovedi 14 agosto
Sarentino – Riobianco – Passo di Pennes/Penser Joch (2215 m.) – Vipiteno/Sterzing – Val di Vizze
lunghezza 78 km
dislivello 2100 m.
Mi sveglio piacevolmente arrotolato nel mio sacco a pelo e metto subito la testa fuori dalla tenda per controllare il meteo; oggi finalmente una bella giornata!; e’ fresco e l’umidita’ e la condensa hanno bagnato il telo della tenda; esco e metto a scaldare il latte sul fornello sfruttando come base di appoggio la panchina posta vicino al tabernacolo ai margini della pista ciclabile; ne approfitto per stendere l’attrezzatura bagnata e riorganizzare i pesi nelle borse della bici; i preparativi si dilungano perche’ sono ancora un po’ assonnato ma la piacevole luce del mattino mi trasmette la curiosita’ e la voglia di mettermi presto in sella; dopo aver attraversato di nuovo il centro di Sarentino ancora addormentato, inizio la risalita della bellissima valle; proseguo in falsopiano e la mia andatura e’ moderata ammirando splendidi pascoli verdi contornati da boschi di larici; vengo raggiunto e superato da un gruppo di 5/6 ciclisti tedeschi piu’ leggeri che mi salutano e scompaiono poco dopo alla mia vsita lungo la strada che sale verso nord; la strada e’ lunga ma molto piacevole; attraverso numerosi paesini caratteristici, ordinati, puliti e molto tranquilli; qualcuno e’ gia’ al lavoro nei campi, qualcuno esce di casa; qualcuno si affaccia dal balcone; e’ meta’ mattino ma il tempo i questi luoghi sembra non avere alcuna importanza; inizia la salita al passo; me ne accorgo perche’ superato l’ultimo paesino la pendenza cambia decisamente e sono costretto a utilizzare il rapporto piu’ dolce; cercando di pedalare sempre in modo rilassato procedo inesorabile la mia lunga salita; salgo, salgo e ogni tanto faccio una brevissima sosta per sgranocchiare un biscotto, prendere acqua da un torrente e adempiere a un bisogno fisiologico; giunto in vista del passo, qualche chilometro e qualche tornante piu’ in basso sembra che il tempo si guasti di nuovo e il cielo si ingrigisce; spira un fresco e fastidioso vento da nord che rende la progressione in salita decisamente migliore dell’idea di fermarsi; almeno si rimane caldi; ora fa’ decisamente piu’ fresco ma io continuo la salita; ogni tanto qualche auto o moto mi supera arrancando in vista del passo; lungo il rettilineo finale che porta al colle ritrovo i ciclisti che qualche ora prima mi avevano superato in valle e che si sono rifugiati in un bar; arriviamo insieme al passo e uno di loro mi chiede stupito se io non mi sia mai fermato durante la salita; al passo purtroppo la giornata grigia e ventosa non invita a fermarsi piu’ di tanto; dopo la foto di rito e i complimenti distratti di altri ciclisti e gli sguardi incuriositi di automobilisti e motociclisti, inizio la vestizione per la discesa su Vipiteno. Pochi metri dopo il passo la bici inizia a prendere velocita’ e l’aria sibila nelle mie orecchie; mi accorgo di essere un po’ rigido dovuto alla temperatura fredda e al grigiore della giornata; devo fare attenzione alla frenata lunga della bici carica e cerco di anticipare sempre la frenata e l’impostazione della curva; tengo sempre un po’ di pressione sulle leve dei freni per mantenere i dischi caldi per evitare brutte sorprese nei pressi dei tornanti …; la discesa e’ lunga e sempre piu’ piacevole man mano che si scende; la temperatura si alza e il manto stradale e’ sempre in buono stato; la guida e’ piacevole; arrivo in fondovalle e poco dopo mi trovo in centro a Vipiteno; qui faccio una passeggiata nelle vie centrali e vado al visitor center cercando di capire le previsioni meteorologiche dei prossimi giorni; da Vipiteno infatti dovrei fare una deviazione per salire in Valle Aurina e fare la scalata alla Vetta d’Italia ma il meteo dei prossimi giorni non promette nulla di buono; mi scoccerebbe alquanto arrivare in cima alla valle Aurina e rimanere in tenda a scrutare dal basso la montagna immersa nelle nubi senza poterla salire causa brutto tempo (come successo qualche giorno prima al Marmolada); come piano B scelgo di non fare la lunga deviazione ma tentare con la salita in Val di Vizze e sperare di salire il Gran Pilastro; rispettabilissimo 3500 metri che mi cattura l’attenzione gia’ con le fotografie esposte all’ufficio informazioni; detto fatto! dopo un secondo giretto in centro citta’ eccomi nuovamente impegnato in salita in Val di Vizze; il tempo grigio non tarda a peggiorare nuovamente e mi ritrovo a pedalare sotto la pioggia battente; Luca e famiglia dovrebbero essere in vacanza propria da queste parti cosi’ cerco di chiamarlo; chissa’ che si riesca a trovarsi qui in giro ….; non ricevo risposta e proseguo nel grigiore della giornata; attraversati numerosi paesini e giunto alla testata della valle inizio la salita che si fa sterrata e sale a tornanti in mezzo al fitto bosco; si alternato tratti con pioggia insistente a brevi intervalli asciutti; continuo a salire giungendo all’indicazione per il sentiero che conduce al rifugio e poi alla cima del Gran Pilastro; ormai e’ tardi; perdo la speranza di trovarmi con Luca e famiglia e mi appresto ad individuare un posticino dove piazzare la tenda; lo trovo non lontano dal punto di partenza del sentiero per il giorno dopo; monto la tenda e vado a fare un bagno tonificante nel ruscello poco distante; la mia tenda viene piazzata a tempo di record prima dell’ennesimo scroscio di acqua nei pressi di una zona erbosa; vicino la strada sterrata compie un tornante e si dirige verso il passo di Vizze; a meno di 1 chilometro ha inizio il sentiero che l’indomani, meteo permettendo, mi portera’ in cima alla montagna; e’ ormai tardi; mi rifugio in tenda e preparo da mangiare rilassandomi e leggendo il mio libro; durante la notte sentiro’ piu’ e piu’ volte scrosci d’acqua abbattersi sul telo della mia tenda; non mi resta che continuare a dormire sperando che l’indomani, al mio risveglio, le condizioni siano migliorate.
venerdi 15 agosto
Passo di Vizze/ Pfitscherjoch (2276 m.) – Vipiteno/Sterzing – Calice /Kalch
lunghezza 60 km
dislivello 1000 m.
Mi sveglio un po’ presto e, scrutando il cielo, il mattino sembra bello; mi accorgo che non lontano dalla mia tenda un’auto con targa tedesca e’ parcheggiata e 3 giovani tedeschi hanno dormito fuori e si stanno preparando per salire; sono tentatissimo di fare la stessa cosa ma, osservando meglio il cielo, noto che le nuvole a sud stanno risalendo la valle velocemente; a mio avviso presto il cielo si chiudera’ di nuovo; non sono convinto e decido di fidarmi del mio fiuto, della mia esperienza e del mio istinto; forse me ne pentiro’ … forse no …; ritorno nel mio sacco a pelo per sonnecchiare ancora un po’, verso le 8 decido di uscire dalla tenda e aggirarmi un po’ nel prato; il cielo si e’ gia’ ingrigito ma non e’ brutto; le montagne ancora si vedono bene e io inizio a pentirmi della mia decisione e del mio oziare in tenda; ormai e’ tardi per salire alla montagna e decido di lasciare li la tenda, chiudere tutto e salire al passo di Vizze lungo la strada sterrata con la bicicletta “scarica”; portando solo una borsa contenente il kit di riparazione, e qualcosa da bere e da mangiare; intanto qualche auto prosegue lungo la strada sterrata e sale al passo; mi metto in sella, e, pedalando, oltrepasso l’inizio del sentiero che porta al rifugio Gran Pilastro proseguendo per il passo di Vizze; supero qualche escursionista che prosegue a piedi avendo lasciato l’auto ai margini di un tornante; lunghi diagonali sterrati intervallati da qualche tornante mi fanno salire sempre piu’ fino a giungere alla sbarra situata nei pressi di un ampio pascolo; da qui anche chi e’ salito in auto e’ costretto a proseguire a piedi; in bici si sale agevolmente; le montagne intorno a me sono sparite; e’ arrivata la perturbazione che avevo individuato il primo mattino; quasi felice per la comferma di averci visto giusto e sollevato di non aver sbagliato decisione, salgo piu’ a cuor leggero verso l’ennesima meta di ripiego della giornata; arrivo al passo in sella alla mia fidata bicicletta e il meteo e’ pessimo dal versante italiano (da dove arrivo io) mentre e’ leggermente migliore dal versante austriaco; dall’Austria e’ possibile salire fino al passo in auto mentre in Italia la strada e’ sbarrata qualche chilometro piu’ in basso; dopo la foto al passo decido di entrare nel rifugio moderno e ben organizzato; sara’ circa mezzogiorno, fuori il tempo e’ grigio e piovoso; e’ Ferragosto e ci sono diversi turisti-escursionisti che pranzano o bevono qualcosa di caldo; decido per una cioccolata per scaldarmi poi esco a fare due passi nelle nuvole mangiando una focaccina che mi ero portato per poi rientrare al calduccio del rifugio e farmi una meritata birra; chiedo di caricare il cellulare e la macchina foto e mi rilasso chiacchierando con una coppia di italiani in vacanza; scrutando dalla finestra del rifugio all’improviso una schiarita mi permette di volgere lo sguardo sui pendii superiori; si nota che ha nevicato poco piu’ in alto del rifugio; penso ai tre tedeschi che sono partiti stamattina per salire la cima che avrei dovuto tentare anche io ….; mi sto rilassando troppo al piacevole tepore protetto e sicuro del rifugio; so di non dovermici abituare troppo; mi sforzo di ricordare che io sono qui in bicicletta, che devo ridiscendere e smontare la tenda e poi proseguire in valle; l’idea non mi alletta molto; quando ci si rilassa e fuori il meteo non invita a proseguire si starebbo volentieri al caldo senza far nulla; mi faccio violenza, mi alzo e esco dal locale; mi copro, mi preparo e inizio la discesa immerso nelle nuvole umide e grigie dalla stessa strada dalla quale sono salito; dopo la solita sofferenza iniziale il corpo e la mente si abituano alle condizioni climatiche e la discesa si fa piacevole anche se occorre stare attenti alla guida per evitare buche , sassi e gli insidiosissimi canali di scolo delle acque che tagliano diagonalmente la strada sterrata; arrivo di nuovo nei pressi del tornante dove ho lasciato la mia tenda e incontro i tre ragazzi partiti al mattino; chiacchierando in inglese mi riferiscono che poco oltre il rifugio sono entrati nella nuvola e la visibilità si e’ ridotta a zero; hanno rinunciato a proseguire la salita e sono tornati indietro; una ulteriore conferma che ci avevo visto giusto …!
In questo momento un occhio di sole riscalda l’aria e io ne approfitto per smontare la tenda e organizzare il bagaglio; riparto lentamente in discesa ridiscendendo la valle fino a Vipiteno; il cielo continua ad essere grigio ma almeno non piove; gli indumenti appesi fuori dalle borse e svolazzanti in discesa si sono quasi asciugati; entro nuovamente a Vipiteno conciato come uno zingaro con la bici addobbata con gran parte della attrezzatura appesa da ogni parte; mi faccio ridere da solo; c’e’ una festa paesana con musiche locali e banda musicale di giovani e meno giovani sotto un tendone; mi fermo a sentire la musica mangiando un paio di krapfen con ripieno di mele; telefono a Paolo e poi decido di proseguire lasciandomi alle spalle la piazza principale con sottofondo musicale che si allontana sempre piu’; fidandomi del mio istinto ovviamente sbaglio e mi dirigo per un paio di chilometri verso il passo di Resia seguendo la strada principale; mi accorgo dell’errore e inverto la marcia riattraversando l’abitato di Vipiteno per trovare le indicazioni del passo di Monte Giovo; attraverso la valle superando gli stabilimenti della Leitner e quasi subito inizio la salita su verso il passo; l’ampia strada ben asfaltata e con traffico quasi inisistente sale placida attraverso fitti boschi e piacevoli alpeggi; il fine pomeriggio si fa fresco ma abbastanza soleggiato; salendo inizio ad addocchiare possibili location ideali per la mia prossima sosta notturna; lascio alla mia destra il maso luogo natale di Alex Schwazer (marciatore campione Olimpico di Pechino 2008); mi fermo prima del tramonto piazzando la tenda in una pista forestale poco sopra il piccolo paesino di Calice; dopo la doccia rigeneratrice nel torrente mi rilasso in tenda; sto quasi per addormentarmi quando ricevo una telefonata di Beppe che vuole sapere dove sono e se e’ tutto ok. Piacevole che qualcuno si preoccupi per me mentre sono impegnato nelle mie avventure.
sabato 16 agosto
Passo di Monte Giovo/Jaufenpass (2099 m.) – San Leonardo in Passiria – Merano – Foresta – Naturno – Laces – Silandro – Prato allo Stelvio
lunghezza 109 km
dislivello 1100 m.
Al mio risveglio dopo una notte molto rilassante e tranquilla, la giornata non sembra male … anzi!; sembra aprirsi con un bel cielo blu proprio in direzione del passo che mi appresto a salire proprio oggi; parto proseguendo sulla strada che ieri sera ho abbandonato per pochi metri cercando un posticino nel vicino bosco; il traffico e’ davvero scarso; non passa molto tempo che vengo superato da qualche ciclista che sale con velocita’ nettamente superiore alla mia; qualcuno saluta … qualcun altro, molto meno simpatico, nemmeno fa finta di vedermi!
nota sul comportamento di alcuni ciclisti:
in se’, il fatto del mancato saluto non mi da fastidio piu’ di tanto ma, ragionando, considerata la situazione di salita, ovvero entrambi accomunati dalla stessa passione per la bici e dallo stesso gesto sportivo di salire in bicicletta un passo alpino a me verrebbe (e viene) spontaneo salutare il “collega” cosi’ come mi e’ stato insegnato a fare incontrando gli escursionisti su un sentiero in mezzo ai monti.
Sara’ solo un fatto di educazione oppure di cultura, sta di fatto che in piu’ di una situazione ho quasi percepito di essere giudicato un ciclista di “serie B”, quasi deriso, rispetto ai fighetti con la bicicletta super-tecnologica dal prezzo esorbitante di diverse migliaia di euro, infilati in una tutina aerodinamica spaziale. Questo solo per il fatto che spingo una bicicletta non all’ultima moda vestendo da cicloturista e non da ciclista e procedo ad una velocita’ ovviamente “da lumaca” rispetto al loro exploit giornaliero.
Proprio qui sta la differenza!! Sono quasi certo che molti dei ciclisti altezzosi che mi hanno superato al doppio della mia velocita’ su per i tornanti dei passi dolomitici, non sarebbero in grado di compiere il tragitto che io ho concluso! Questo infatti comporta non solo lo sforzo di salita, che spesso si conclude con il ritorno a casa … e fine della storia; nel mio giro si vive la giornata piena … per piu’ giorni! bici, salita, fatica, fresso e disagio, tenda, cucinare, ripararsi, … in pratica “vivere” il giro in bici totalmente … non si tratta solo di capacita’ fisica … ma anche di avere la testa per gestire le situazioni che ti si pongono davanti … per piu’ giorni …!
Chi capisce questo modo di vivere ed approcciarsi al viaggio in bici guarda quasi con ammirazione (e alcuni con invidia) il mio stile, … altri semplicemente non se ne curano o, peggio, lo deridono … ma un saluto, anche solo per educazione e condivisione a mio avviso non dovrebbe essere negato.
Quando giungo nei pressi del passo la giornata e’ gia’ cambiata; il cielo si e’ fatto piu’ grigio ma fortunatamente e’ ancora asciutto; al passo come al solito tira un vento bello frizzante che non invoglia certo a fermarsi oltre il tempo necessario per coprirsi e fare un paio di foto e guardarsi in giro un attimo; ha inizio poco dopo la lunga discesa verso San Leonardo in Passiria; e’ molto piacevole e rilassante guidare in discesa la bicicletta nonostante la temperatura un po’ rigida che fortunatamente si alza man mano che perdo quota; un po’ infreddolito ma felice di proseguire la mia solitaria cavalcata fra le montagne del Sud Tirolo, giungo nella trafficata piazzetta del paese turistico; c’e’ movimento in giro; una piacevole occhiata di sole mi permette di sostare appoggiando la mia fidata bici a lato di una panchina, e di cercare un posto dove riempire le borracce; trovo una fontanella dove, una ragazza sola sta riempiendo le sue borracce; un sorriso, uno sguardo di intesa … conosco cosi’ Patricia, ragazza austriaca molto carina che sta facendo un giro solitario un po’ a piedi un po’ in autostop lungo le alpi anche lei con la sola compagnia del suo zaino di ragguardevoli dimensioni (e pesantezza … direi!); chiacchieriamo piacevolmente trovandoci molto simili come spirito di avventura e indole;
il fatto di viaggiare da soli e trovare in giro persone che fanno lo stesso e’ una delle cose piu’ belle e gratificanti di questo stile di viaggio;
visibilmente contenti per esserci trovati, ci scambiamo i contatti digitali e ci salutiamo con uno spontaneo abbraccio; lei sparisce su per una ripida salita lasciandosi alle spalle il borgo; io faccio due passi in giro per poi scendere e proseguire lungo la pista ciclabile che mi portera’ verso Merano che dista ancora 40 km circa; il percorso segue grosso modo il torrente con piacevoli scorci su paesini, boschi e zone agricole, prati e fattorie; il fondo stradale e’ spesso sterrato ma di ottima guidabilita’; ogni tanto mi fermo per fotografare qualche gruppo che fa rafting lungo il torrente Passirio oppure incrocio una famigliola che percorre in bici la ciclabile in senso inverso; man mano che scendo in valle e mi avvicino a Merano mi immergo nei campi di coltivazione intensiva di mele; confesso di essermi fermato piu’ di una volta a coglierne qualcuna, attratto dalla dimensione e dal colore; a volte verde, a volte giallo, a volte rosso scuro; lunghi filari di mele, ordinati, puliti, curati , protetti con teli anti-grandine con impianti di irrigazione automatizzati, con vialetti di separazione fra i filari curati con erba tagliata con precisione; questo paeaggio mi fa compagnia fino al mio ingresso in Merano citta’; decido di variare il panorama facendo un giro turistico in centro dove molta gente cammina per le strade e in alcuni vicoli e’ decisamente troppo affollato tanto da rappresentare un problema il portarsi la bici al fianco; sono costretto a fare zig-zag fra le bancarelle e le persone cercano di stare attento a non travolgere i passanti che mi guardano incuriositi intuendo benissimo che io sto viaggiando e arrivo da chissa’ dove; dopo una sosta rilassante di un paio d’ore in citta’ e il rifornimento viveri in un supermercato del centro, mi allontano in direzione della Val Venosta utilizzando la pista ciclabile che risale la valle; poco fuori dall’abitato il tempo si fa piu’ scuro con un leggero vento contrario; incontro molti ciclisti che viaggiano in senso inverso al mio scendendo la valle mentre io devo mio malgrado risalire; il tempo e’ molto variabile; qualche scroscio e qualche occhio di sole caldo; proseguo e faccio almeno 60 km di splendida ciclabile; alcuni strappi impegnativi per risalire gole o gradini ripidi della valle alternati a tratti piu’ dolci di scorrimento piacevole e rilassante; proseguo cosi’ fino a sera; negli ultimi chilometri prima di abbandonare la ciclabile presso Prato allo Stelvio ci si mette anche un fastidioso vento che spira in senso contrario; arrivo a Prato all’imbrunire e come sempre la mia prima esigenza e’ trovare il posto per la notte; percorro velocemente le stradine del centro in cerca del posto e lo trovo vicino a un edificio che ospita un generatore di corrente; ci sono delle grate da cui fuoriesce un piacevole ed utile soffio di aria calda; li asciughero’ tutta la mia roba e domattina mi cambiero’; sono appena fuori dal centro abitato, poco a nord del paese, gia’ sulla strada per lo Stelvio; vicino scorre il torrente; prima che faccia buio mi spoglio e mi faccio la meritata doccia nel torrente gelato e cambio i vestiti; mi merito una pizza in centro scendendo di nuovo per 1,5 chilometri; vuoi la stanchezza, vuoi lo stomaco un po’ chiuso, faccio fatica a mangiare tutta la pizza che fra l’altro era anche molto buona; durante la cena chiacchiero con un ragazzone dall’accento romano che mi fa un sacco di domande riguardo il mio giro; anche lui e’ un appassionato ciclista; conversando piacevolmente si fa buio; risalgo la strada con l’aiuto delle luci e raggiungo nuovamnete il posto prescelto per la notte; monto la tenda e … buonanotte …!! … domani mi aspetta lo Stelvio!!.
domenica 17 agosto
I 48 leggendari tornanti dello Stelvio e alla scoperta della Svizzera romancia
Trafoi – Passo Stelvio/Stilsfer Joch (2758 m.) – Giogo di Santa Maria/Umbrailpass (2052 m.) – S. Maria im Mustertal – Ofenpass/Pass dal Fuorn (2149 m.) – Punt La Drossa – Ponte del Gallo – Livigno
lunghezza 86 km
dislivello 2600 m.
La notte trascorre bene anche se il rumore di sottofondo del generatore li vicino un po’ si fa sentire; preparo il mio materiale stendendo ad asciugare le cose che ne hanno necessita’ vicino alla grata che soffia aria calda; dopo una abbondante colazione sono nuovamente pronto a partire; la giornata si preannuncia lunghissima ma e’ splendida; il cielo e’ blu e l’aria freschina; la salita inizia poco dopo essermi messo in sella e sale dapprima dolcemente, poi, costeggiato uno strano giardino addobbato con sculture lignee e di ferro dalle piu’ diverse forme e colorazioni, frutto dell’eccentricita’ del suo propietario che ho conosciuto la sera prima in pizzeria, prende a salire con pendenze piu’ aggressive superando alcune localita’ costeggiate dal torrente; ben presto vengo superato da alcuni ciclisti mattinieri che salgono piu’ scarichi; arrivo in corrispondenza del primo tornante (o forse dovrei dire il quarantottesimo visto che sono numerati in ordine decrescente); non so spiegare bene la motivazione, ma il fatto di raggiungere il primo di una serie ben precisa di tornanti mi fa sentire bene; mi fa sentire al lavoro, sulla strada giusta, mi fa sentire in viaggio , in ascesa , in pista, di stare facendo qualcosa non di estremo o esclusivo, pero’ qualcosa di chiaramente identificabile; la salita del Passo dello Stelvio!; con questa idea in testa e con la serenita’ del gesto ripetitivo e rilassato della pedalata, proseguo la mia strada salendo lentamente e costantemente; il traffico aumenta e iniziano ad essere numerose le auto le moto che mi superano; vengo superato da diversi altri ciclisti; come sempre alcuni mi fanno segno ok di stima, altri nemmeno si degnano di considerarmi; i guidatori di auto tedeschi o olandesi sono i piu’ timidi; non si azzardano a superare se non hanno la certezza di avere ottima visibilita’ e strada sgombra davanti a loro; nulla a che vedere con i soliti italiani che spesso non se ne curano e ti sorpassano facendoti “il pelo”; molto spesso sono tentato di assestare un bel calcione allo specchietto retrovisore delle auto che mi passano troppo vicino (essendo ben consapevole che poi dovrei risolvere il diverbio con il conducente infuriato; ma saprei molto bene come difendermi; in molti casi penso proprio che potrei essere molto pericoloso per qualsiasi persona si possa permettere di dirmi qualcosa …) ; i tornanti si susseguono e la numerazione cala progressivamente con la altitudine guadagnata; nella mia testa punto al tornante 24 che rappresenta meta’ tornati; non e’ un pensiero logico; meta’ tornanti non significa necessariamente meta’ salita … ma e’ un modo come un altro per darsi un obiettivo, seppur temporaneo, con la consapevolezza che, li giunti, il traguardo verra’ poi spostato immediatamente allo step successivo e la musica non cambiera’ di molto … ma questo significa procedere per gradi e psicologicamente mi fa bene; lentamente procedo verso l’alto e continua la mia conta dei tornanti numerati; ogni tanto mi fermo per guardarmi in giro e fare foto senza rischiare di cadere; osservo la splendida parete dell’Ortles con la lunghissima e non banale via di salita seguita qualche anno prima da Paolo Raimondo e me con gli sci; bellissima sensazione quella di vedere con occhi diversi montagne gia’ conosciute di cui si ha una esperienza reale e forte; faccio tante foto; bellissimo e rilassante questo momento; mi concentro di nuovo sulla via di salita asfaltata; in effetti il traffico e’ tanto ma in un certo senso fa anche compagnia; piccoli dettagli; la bella ragazza alla guida, un cagnolino che spunta dallo zaino di un motociclista; la coppia su una moto d’epoca con casco in pelle; l’ultimo modello di Harley Davidson o la Vespa 50 che fatica a salire per la miscela troppo grassa (o il motore che proprio non ce la fa …!); a pochi tornanti dalla cima il fotografo ufficila e dello Stelvio e’ appostato nei pressi di un tornante aspettando di catturare con il proprio obiettivo tutti i passanti, sperando poi di rivendere le immagini sul sito ufficiale; bastera’ ricordarsi il giorno e piu’ o meno l’ora di salita per trovare la propria foto sul sito web; ormai ci sono quasi!; riesco addirittura a riprendere un paio di ciclisti che mi avevano superato piu’ in basso; qualcuno lo ritrovo seduto sul guard-rail di cemento, qualcun altro in sosta non si sa bene per che motivo; se sono stato da loro salutato in precedenza ricambio con un saluto e un sorriso, altrimenti non mi curo della loro presenza e, a testa bassa e con respiro regolare, proseguo; mi fermo al tornante numero 1; e’ significativo; sotto di me ne ho lasciati 47 e questo e’ l’ultimo; poco piu’ in alto il passo con la confusione che gia’ intuisco sin da qui; non so se sono pronto; indugio un po’ ad affrontare le ultime decine di metri ma poi il desiderio di completare la salita mi assale e mi fa arrivare in cima; verso le 12 sono a quota 2758 metri al passo dello Stelvio; molto soddisfatto telefono a casa e poi all’amico Gabriele che mi aveva annunciato un paio di giorni prima la nascita della sua secondogenita Martina; dedico a lei un pensiero dalla cima di questo passo in questa splendida giornata; mangio un panino wurstel e crauti e poi, infastidito dall’estrema confusione del posto, scendo allontanandomi dal casino di motociclisti che affollano il passo; circa 3 km piu’ sotto prendo la deviazione per il passo Umbrail che mi riportera’ in Svizzera; da qui, giu’ in picchiata con una lunghissima e sinuosa discesa verso Santa Maria Mustair; splendida discesa da assaporare a piccole dosi e con molte soste per godere dei colori ed i panorami; l’esperienza ormai mi suggerisce di stare sempre un po’ coperto nonostante oggi la giornata sia meravigliosamente limpida e calda; arrivo a Santa Maria e nei pressi dell’incrocio con la strada principale che dovro’ risalire nuovamente mi spoglio per affrontare la salita; riinizio la lunga salita con il morale alto ma lo sbalzo fresco-caldo, vento-caldo, sali-scendi mette a dura prova le gambe e la testa; nonostante il caldo le gambe girano bene; attraverso meravigliosi paesini da cartolina; mi fermo per dissetarmi alle varie fontane e faccio foto ai balconi e ad alcuni caratteristici dipinti sui muri delle case; il lungo e assolato pomeriggio passa cosi’ con il sottoscritto che vaga per la val Mustair risalendo al passo del Forno; quando arrivo in cima do un ultimo sguardo al maestoso Ortles che saluto prima di fiondarmi giu’ nella splendida valle verso Zernez immettendomi nel magnifico parco nazionale svizzero che proprio questa estate festeggia i 100 anni dalla sua nascita; la discesa e’ lunga e fresca e attraversa un ambiente naturale di indescrivibile bellezza; torrenti e torrentelli di acqua limpida, splendide rade pinete con sottobosco di rododendri e mirtilli; prati verdi, giavine e sassi dalle forme curiose; ogni posto mi suggerisce che quello sarebbe un posto meravigloso dove fermarmi per la notte; superato lo splendido Hotel in stile, giungo alla deviazione che mi dovrebbe riportare sul patrio suolo a Livigno; arrivo lanciato dalla discesa e sto per infilarmi in galleria in bici; penso di essere fortunato trovando il semaforo verde (sapendo che e’ una galleria in leggera salita di 3 km e a senso unico alternato) ma per fortuna mi accorgo che hanno messo il divieto di percorrerla in bici; contravvenendo alle regole stavo per entrare senza accorgermene!; il mio dubbio e’ che, essendo tardi, non ci sia piu’ alcuna corriera/navetta (nel qual caso non mi sarei fatto il minimo scrupolo ad entrare in bici) ma il caso vuole che sta arrivando proprio l’ultimo postale; smonto le borse per mettere la bici in stiva; e salto sul bus; siamo in 3; l’autista io e un altro tizio; in pochi minuti buchiamo la montagna e siamo dall’altra parte; oltrepassata la diga veniamo lasciati a terra dall’autista del bus (per la modica cifra di 7 euro per 3 km di galleria … mortacci loro!!!!) e, dopo aver rimontato i bagagli riparto costeggiando il lago di Livigno fino al paese, protetto da una lunghissima galleria-paravalanghe; la luce serale e’ stupenda; a rovinare un po’ l’atmosfera c’e’ un fastidioso vento che ostacola un po’ il procedere in sella alla bici; con il mio solito rito ormai collaudato la prima cosa che faccio quando arrivo in paese e’ cercare un posto dove mettere la tenda; giro un po’ e perlustro la zona; non voglio essere troppo in vista e i posteggi sono interdetti al campeggio libero; addocchio un posto molto bello nei pressi di una baita-fienile in posizione dominante su un pascolo ripido sopra l’abitato; faccio un soprallugo a piedi e capisco che fa proprio al caso mio!; ok!; posto trovato; mi reco a fare un bel bagno ristoratore nel lago freddissimo e mi cambio subito dopo, poi, pulito e profumato, mi godo Livigno andando in giro senza meta per le strade del centro fino a quando e’ buio; vengo fermato da un paio di persone che mi chiedono da dove arrivo e dove vado vedendomi cosi’ carico; come sempre poi ci fermiamo a chiacchierare piacevolmente; faccio spesa in un piccolo discount poco prima della chiusura e poi riguadagno la stradina che mi porta all’alpeggio poco distante; arrivo quando gia’ il sole e’ calato; monto la tenda con l’aiuto della pila; ormai non mi resta che entrare in tenda e mangiare qualcosa ma mi accorgo che sto gia’ sbadigliando; la giornata e’ stata bellissima ma anche molto lunga e faticosa: a volte non me ne rendo nemmeno conto ma il mio sonno non mente e dice chiaramente che e’ ora di riposare!.
lunedi 18 agosto
Sul Bernina a fianco del treno piu’ alto d’Europa
Livigno-Forcola di Livigno (2315 m.) – La Motta – Berninapass (2323 m.) – Pontresina – Val Roseg – Pontresina – St. Moritz – Silvaplana – Malojapass (1805 m.)
lunghezza 88 km
dislivello 1000 m.
piacevolissima notte avvolto nel mio sacco; mi sveglio verso le 6:30 ma decido di oziare un po’ in tenda; emergo dal mio giaciglio prima delle 8 e mi appresto ad organizzarmi per la nuova giornata; fuori ci sono circa 6 gradi; mi copro subito e scendo in paese; mi fermo sulla pista ciclabile poco fuori dal paese e faccio colazione seduto sulla staccionata in legno che separa la ciclabile dal torrente e dal parcheggio dei camper; scaldo un po di latte e osservo con tristezza lo stile di vita dei camperisti che sono parcheggiati compressi come sardine nell’area camper tutti gli ‘uni accanto agli altri; privacy inesitente circondati da un bellissimo ambiente naturale quale e’ Livigno e la sua conca di prati e pascoli; sembra proprio che l’animale sociale Uomo voglia riprodurre il proprio ambiente di aggregazione anche fuori dalla vita quotidiana; per esempio mi viene in mente il classico impiegatuccio fantozziano, oppure il “milanese” che vive tutto l’anno in appartamento in citta’ che, per le vacanze, proprietario orgoglioso di un camper nuovo fiammante, va in vacanza a Livigno, quindi in montagna in un ambiente naturale, salvo poi trovarsi parcheggiato in un’area con altrettanti suoi simili; trovo ci sia qualcosa di triste e un po’ squallido in tutto questo …
immerso in questi pensieri e, per contro, godendo della liberta’ del mio stile di viaggio, sorseggio una abbondante tazza di latte caldo con biscotti; qualche corridore mattiniero e’ gia’ impegnato nell’attivita’ fisica quotidiana, qualcuno semplicemente passeggia con il cane approfittando della calma mattutina; il sole inizia ad essere alto e ad inondare il versante sud della valle; non ha ancora raggiunto i pascoli di fondovalle che sono ancora all’ombra; attraverso ancora la zona pedonale percorsa la sera precedente e poi mi immetto lungo la pista ciclabile; poco dopo abbandono anche questa per seguire la strada che sale alla Forcola di Livigno; il vento contrario infastidisce non poco la salita; alcuni ciclisti mi superano; il traffico e’ presente ma non invadente; la strada e’ sufficientemente larga e il passo si vede in fondo alla valle; questo, psicologicamente, non facilita la salita; raggiunto il passo faccio una foto e poi giu’ subito verso il bivio che interseca la strada della Val Poschiavo che scende a Poschiavo (Valtellina) o sale al passo del Bernina; io ovviamente se c’e’ una scelta riguardante il dove andare (verso il basso o verso l’alto cosa scelgo??? … verso l’alto ovviamente!!) e allora su di nuovo verso il Passo del Bernina; anche qui la salita si fa sentire subito ma per fortuna non ho fatto in tempo a raffreddarmi le gambe perche’ la discesa dalla Forcola e’ stata breve; non ci metto molto a ricarburare e ricalibrare ancora gambe e fiato e tararmi nuovamente per lo sforzo della salita che non e’ poi lunghissima; arrivo al passo e mi copro subito per il vento fresco; qui mangio anche un boccone; mi guardo in giro … posti che conosco; individuo davanti a me il Fellaria e il …. mi fermo e mi concedo un attimo di raccoglimento per assaporare il paesaggio poi giu’ verso Lagalb, il Diavolezza e Pontresina; scendendo mi supera il famoso trenino rosso del Bernina e i suoi passeggeri mi fanno cenno e mi salutano; il classico giapponese mi fa almeno un centinaio di fotografie sorridendomi con la solita faccia da pirla; faccio innumerevoli fermate durante la discesa per guararmi attorno ed individuare le montagne che mi hanno visto impegnato in numerose salite scialpinistiche; e’ bello e soddisfacente rivedere in veste estiva le montagne che sono solito conoscere ammantate di bianco e con tutt’altre condizioni meteo decisamente piu’ impegnative; attraverso l’abitato chic di Pontresina e faccio una deviazione in Val Roseg; l’amata Val Roseg; la romantica Val Roseg … non ci penso due volte; imbocco la valle seguendo la strada sterrata percorribile solo a piedi o con i calesse trainati dai cavalli e salgo per 7 km fino all’Hotel Roseg situato in posizione idilliaca; qui lascio la mia bici e mi dirigo a passo di corsa leggera verso la morena del ghiacciaio cercando di scorgere la mitica cresta Biancograt al Pizzo Bernina; mi appaiono dapprima i colossi del Piz Roseg, dello Scerscen e poi finalmente eccola, la Biancograt; sulla strada del ritorno alla bici chiacchiero con un signore di Chiavenna e poi, giunto alla bici con un paio di signori umbri in vacanza a Sankt Moritz; saluto tutti e scendo di nuovo lungo la strada sterrata; e’ tardo pomeriggio ma c’e’ ancora un bel sole; decido di fermarmi per fare il mio solito bagno rilassante nel torrente; individuo un posto adatto; lascio la bici nei pressi di un ponticello e, munito di indumenti puliti di ricambio e di saponetta vado a fare il bagno nel torrente; mi spoglio completamente e con un urlo mi immergo nella fredda corrente; ritorno decisamente rinvigorito e termino la mia discesa a Pontresina; da qui prendo in direzione Sankt Moritz perdendomi nelle ciclabili forestali; arrivo sulla ciclabile che costeggia il lago e risalgo verso il centro cittadino di St Morits che si rivela decisamente una delusione; urbanisticamente una vera tristezza; nulla a che vedere con lo splendido e antico chalet che fa bella mostra di se piu’ giu’ sulla strada; il centro e’ moderno, grigio e ricco solo di vetrine sfarzose e asettiche; ci metto davvero poco per capire che non e’ il caso di sprecare altro tempo qui; ridiscendo velocemente e mi ritrovo nella localita’ termale della cittadina; ormai e’ tardi e dubito di poter continuare ancora per molto e sarebbe il caso di iniziare a valutare l’ipotesi di trovare un luogo tranquillo dove passare la notte ma mi ritrovo a procedere con buon passo nonostante il vento che spira contrario dalla Val Bregaglia; sta salendo il brutto tempo dal versante italiano; costeggio il Lej da Silvaplauna e poco dopo il Lej da Segl; arrivo all’abitato di Maloja che il meteo si e’ guastato e qualche goccia di pioggia inizia a cadere insistentemente da un cielo grigio e poco rassicurante sulla serata che mi attende; e’ ormai quasi scuro e faccio appena in tempo trovando un postocino molto carino in riva al lago e lontano da sguardi indiscreti dove posizionare la tenda in compagnia di 2 tedeschi che accendono fuoco per cucinarsi un paio di salamini ma dormiranno nel campeggio vicino; trascorriamo qualche momento insieme poi, essendo una coppia, li lascio in intimita’ ritirandomi in tenda prima che la pioggia inizi a bagnarmi costringendo anche la coppietta a battere in ritirata nel campeggio.
martedi 19 agosto
L’infinita discesa attraverso la Val Bregaglia e la lunga ascensione allo Spluga
Malojapass – Castasegna – Chiavenna – Campodolcino – Passo Spluga (2115 m.) – stop in discesa nei pascoli a 6 km da Splugen
lunghezza 76 km
dislivello 1800 m.
non appena metto il naso fuori dalla tenda noto un triste grigiore tutto intorno a me; quasi non si vede neppure il lago; d’altronde ha piovuto a piu’ riprese durante la notte e non mi aspettavo nulla di diverso; scrutando fuori pero’, la speranza, che solitamente si dice essere l’ultima a morire, svanisce immediatamente …; niente da fare …; estate all’insegna della variabilita’; oggi grigio e piovoso; ad iniziare per il verso sbagliato la giornata si aggiunge la scoperta che la scheda SD della macchina fotografica digitale e’ piena e devo scaricare le foto per fare spazio o acquistarne una nuova per poter scattare altre foto, ma non potro’ farlo fino a Chiavenna; poco male; se la giornata resta grigia purtroppo non avro’ la possibilita’ di godere dello splendido panorama passando sotto le pareti granitiche del Badile e del Cengalo, quindi non avro’ la tentazione di fotografare ….; accade proprio cosi’; scendo dal passo del Maloja avvolto da una spessa coltre di nubi e pioviggine; dal passo si ha la sensazione di tuffarsi su un tappeto di nuvole grigie; la visibilita’ e’ ridottissima e continua cosi’ per quasi tutta la discesa lungo la valle; le rare volte che si apre e’ per lasciare spazio … alla pioggia piu’ intensa …!; poco prima di Chiavenna mi fermo per ammirare le cascate dell’Acqua Fraggia ma la luce lattiginosa non rende giustizia allo splendido spettacolo; avvicinandomi alla base delle cascate, guardando verso l’alto, non mi accorgo di camminare su un pendio erboso reso scivoloso dal pulviscolo della cascata e dalla pioggia; mi trovo a scivolare lentamente ma inesorabilmente verso valle con la bici al mio fianco; mi arresto dopo 5 metri di scivolone completamente inzuppato e sporco di fango e terra …; proseguo fino a Chiavenna dove giungo un po’ umido ma tutto sommato ben riparato sotto la mia tuta antipioggia; per prima cosa vado ad acquistare una nuova scheda per fare le foto e poi mi dirigo da un panettiere e a fare un po’ di spesa; si rimette a piovere; mi rilasso un attimo gironzolando per il centro storico di questo importante crocevia di fondovalle e poco dopo, approfittando di una piccola schiarita, riparto in salita per il passo Spluga; sono oltre 30 km di salita! e si sente tutta la pendenza gia’ fuori dal paese; non molla mai; la prima parte e’ dura, poi si stabilizza ma continua a salire inesorabilmente; la giornata sta migliorando; alcune schiarite fanno apparire un timido sole che cambia notevolmente le condizioni e soprattutto l’umore; in salita pero’ sarebbe stato meglio avere la giornata grigia del mattino; con la schiarita infatti, il caldo sole estivo si fa sentire quasi immediatamente e sudo copiosamente; approfitto di alcune fontanelle nei centri dei paesini attraversati per cambiare l’acqua alle borracce, integrando con dosi massicce di sali minerali; in qualche caso faccio anche un rinfrescante pediluvio nella fontana curando di non essere visto dagli abitanti ….; la variabilita’ atmosferica continua per tutto il pomeriggio; salgo i ripidi tornanti e le anguste gallerie con belle vedute verso la valle piu’ in basso; sto seguendo la strada “vecchia”, interdetta al traffico pesante, quella piu’ tortuosa e panoramica; la strada nuova, costruita recentemente, passa dalla parte opposta della valle per ricongiungersi dopo il tratto piu’ impervio di questo lato; Alcune moto mi superano in galleria rombando e infastidendomi non poco; le auto che si incrociano in questo tratto sono costrette a fare manovra per passare talmente e’ stretta e scomoda la carreggiata; a Campodolcino mi fermo nei presi dell’ufficio turistico e faccio una passeggiata alle cascate poco sopra l’abitato; mi sgranchisco le gambe e la schiena, faccio un paio di foto e poi riprendo a salire in bici. Il meteo cambia nuovamente e, continuando la mia salita verso l’alto mi immergo nei nuvoloni soprastanti; fa di nuovo freschino e mi fermo per coprirmi; poco prima del lago di Montespluga mi fermo presso un alpeggio in una azienda agricola per comperare un po’ di latte fresco e un salamino poi riparto in direzione del passo; nel lungo tratto pianeggiante che costeggia il lago immerso nella nuvola grigia mi prende una certa euforia che mi fa viaggiare a circa 30 km/h; so di non essere lontano dalla fine della salita ma il mio programma prevede una sosta nell’abitato di Montespluga per mangiare i pizzoccheri o i sciatt per poi riprendere lo sforzo degli ultimi tornanti; conosco gia’ il ristorante dove voglio fermarmi dato che e’ una zona che abbiamo frequentato nella stagione scialpinistica primaverile per salire il Pizzo Ferre’ e altre cime. Purtroppo ricevo la sconfortante notizia che, per mangiare i sciatt avrei dovuto avvisare prima poiche’ la pasta necessita di riposare prima di essere cucinata …; opto per una pizza e una birra al caldo del ristorante e mi rilasso chiacchierando con i proprietari e qualche cliente seduto al bar; la mia bici attende appena fuori dall’entrata al riparo dal vento e circondata dal griogiore della fine giornata; con un ultimo sforzo affronto i 3 chilometri di piacevoli tornanti che mi separano dal passo dove arrivo soddisfatto e non particolarmente stanco anche grazie allo stop fatto poco sotto; la visibilita’ e’ quasi nulla verso il versante italiano mentre da quello svizzero sembra un poco migliore ma un vento fresco e fastidioso non invoglia a trattenersi piu’ del dovuto in cima; scendo giu’ rapidamente affrontando in rapida successione i piacevoli tornanti dello Spluga appena sotto il confine svizzero; alla base dello strappo finale attraverso un pianoro erboso che avevo gia’ in mente conoscendo bene la zona; qui avrei intenzione di fermarmi per posizionare la mia tenda ma il vento fastidioso mi spinge a tenta re di cercare un posto piu’ riparato piu’ in basso; scendo ancora di un paio di chilometri fino a raggiungere il limite duperiore del bosco di larici ma non riesco ad individuare un posto in piano che mi soddisfi; c’e’ ancora luce, io non sono stanco e cosi’ mi permetto di girovagare ancora per cercare un posticino; addirittura mi trovo a risalire al pianoro erboso che avevo notato in precedenza; perlustro la zona e trovo un posto riparato dietro un sassone in mezzo al pascolo; dopo aver montato la tenda sotto la supervisione delle mucche incuriosite li vicino, scendo velocemente al torrente per la mia doccia; ormai e’ tardi e la luce si affievolisce sempre piu’; e’ ora di entrare in tenda.
mercoledi 20 agosto
Nelle gole del Reno, la Safiental e la lunga ascensione all’Oberalppass
Splugen – Thusis – Bonaduz – Ilanz – Trun – Disentis/Muster – Oberalppass (2044 m.)
lunghezza 120 km
dislivello 1500 m.
il meteo non promette molto di buono specialmente dal versante italiano; al mio risveglio nell’alpeggio grossi nuvoloni avvolgono il passo Spluga sopra di me e incombono sulle montagne circostanti; nella Svizzera interna la luce sembra leggermente migliore.
Dopo le solite operazioni di rito prendo la bici e con una discesa di 5 km transito un po’ intirizzito nell’abitato di Splugen; quindi proseguo in falsopiano e leggera discesa verso est costeggiando il lago di Sufers e il Reno; in questo tratto di valle, la strada costeggia l’autostrada e il traffico e’ scarso su tutte e due le arterie di collegamento; proseguo canticchiando in modo rilassato e ogni tanto mi fermo per guardarmi in giro; le pendici boscose di larici si innalzano tutte intorno a me; piu’ in alto splendidi alpeggi verdi lasciano poi il posto alle pareti rocciose che purtroppo, data la giornata, si perdono nelle nuvole impedendomi la vista delle cime che in questa zona conosco molto bene; il tratto del fiume Reno che scende veerso Chur si fa sempre piu’ selvaggio e mi trovo a percorrere una strada sempre piu’ stretta e sinuosa; curve e controcurve, tornanti e strettoie; al di la dell’esile parapetto gli orridi scavati dalla potenza del torrente incutono timore e rispetto molto piu’ in basso; questo e’ un tratto molto selvaggio e caratteristico della strada; attraverso cosi’ la Viamala, gli abissi piu’ profondi dei Grigioni, dove mi fermo per ammirare l’opera naturale scavata dal Reno Posteriore; rocce alte fino a 300 metri formano la Viamala (Via mala sta in romancio per pessima strada), attraverso la quale scorre il Reno Posteriore. Nonostante sia angusta, nonostante la minaccia di caduta di pietre e di acque pericolose la gola costituiva gia’ prima della nascita di Cristo il miglior accesso ai passi alpini dello Spluga e di San Bernardino. Un particolare testimoniato da antichi luoghi di culto, chiese, vecchi ponti e castelli. Proseguo lungo la strada principale (e unica) fino a Thusis dove cambio qualche euro in franchi svizzeri e vado a fare la spesa; di unovo in sella, continua la mia discesa verso la svizzera centrale in direzione Chur, ma a Bonaduz cambio decisamente direzione svoltando a sinistra verso ovest.
d’apprima non sono convinto sia la strada giusta anche se la direzione lo e’ sicuramente; la strada e’ scarsamente trafficata e bellissima; mi fermo a togliere qualche strato di vestiti e poi riparto; vado verso la Safiental e godo di bellissimi boschi e panorami con vista fiume (il Reno Anteriore) che scorre selvaggio in fondo ai dirupi argillosi; presto prendo a salire per poi discendere nuovamente; attraverso il torrente su un ponte e inizio una salita a tornanti che poi spiana e ridiscende dall’altro versante; attraverso paesini ed alpeggi di una bellezza che solo la Svizzera rurale sa donare; Versam, Carrera, Valendas, Castrish fino a giungere a Ilanz/Glion; qui vado ad intersecare la strada cantonale principale che seguiro’ fino al passo; questa e’ ben piu’ trafficata ma sempre vivibile e ben pedalabile; la gamba continua a girare bene sui pedali, lo sguardo a volte si sofferma sui giri della ruota anteriore, altre volte ispeziona velocemtne le borse laterali per poi alzare gli occhi e guardare la strada davanti a me; e’ bello curiosare fra i dettagli che scorrono lentamente ai margine della strada; case e casette, giardini, fienili, auto parcheggiate, insomma, … la mia bicicletta che scivola nella vita quotidiana degli abitanti di queste zone; mi fermo ad una fontana nel bel paesino di Trun; qui sopra, nei pressi di qualche alpeggio sul versante nord, lo scorso anno sono partito per tentare la salita con gli sci del Todi (poi fallita per pericolo di valanghe); a Disentis mi fermo per comperare il latte in un supermercato prima di iniziare la salita vera e propria per il passo; il tempo si fa scuro e si mette a piovere; esito a fermarmi per coprirmi e quando decido di farlo sono gia’ bello bagnato!; proseguo rassegnato la mia ascensione; oltre l’ultimo paese (Tschamut/Selva) la pioggia cessa ma sono completamente immerso nella nuvola; la visibilita’ e’ di 10 metri; accendo tutte le luci a mia disposizione anche se il traffico e’ scarso; avverto qualche auto e moto che arriva alle mie spalle; a testa bassa continuo la mia ascensione; fa freschino; continuo inesorabile la mia salita; zigzagando per la pendenza e la scarsa visibilita’ perdo la concezione del tempo; non so piu’ che ore sono ne’ da quanto sto salendo dopo l’ultimo stop; vedo che si fa buio ma non saprei dire se e’ per l’imbrunire oppure solo per il tempo cupo; … non me ne curo piu’ di tanto e, nel pulviscolo della nuvola, ad un’ora imprecisata della sera arrivo al passo semideserto; una schiarita di un attimo mi aiuta a scegliere il posto dove posizionare la tenda; mi affretto nelle operazioni di routine anche per non prendere piu’ freddo del dovuto; faccio uno sforzo per costringermi a fare la doccia nel torrente e cambio i vestiti; bello coperto, faccio due passi in giro per sciogliere le gambe e curiosare qua e la nel parcheggio nebbioso del passo; ci sono alcuni camper parcheggiati ed i proprietari sono rintanati al calduccio al loro interno; li invidio per la comodita’ del momento … non certo per lo stile della loro “vacanza”; poco da fare qui fuori; in un attimo mi infilo in tenda a dormire; il vento e la pioggia riprenderanno poco dopo e continueranno nella notte.
giovedi 21 agosto
Lo storico San Gottardo, le buie gole di Wassen e la salita al Susten
Oberalppass – Andermatt – Hospental – Passo del San Gottardo (2108 m.) – Hospental – Andermatt – Wassen – Sustenpass (2224 m.) – Steingletscher
lunghezza 74 km
dislivello 2000
al mattino ancora nuvole basse al passo che mi impediscono di vedere la zona che io ho presente solo in veste invernale; ben coperto, inizio la discesa e mi rilasso solo quando piu’ in basso raggiungo la zona soleggiata e gia’ riscaldata dal primo sole mattutino; sorpresa! sembra che sia bello verso ovest! in poco tempo, percorrendo la bella strada tutta in discesa raggiungo Andermatt dove faccio il mio giro di perlustrazione curiosando nella via centrale del paese; e’ ancora un po’ presto e non c’e’ molta gente in giro; alcuni piccoli camioncini caricano numerose borse sportive tutte uguali; incuriosito, mi fermo a chiedere al facchino di che cosa si tratti e mi viene detto che e’ un tour itinerante a cavallo organizzato da un tour operator specializzato; l’organizzazione sembra molto seria e preparata … probabilmente i partecipanti saranno ancora sotto le coperte in albergo. Proseguo il mio tour del centro facendo qualche foto ad alcuni scorci caratteristici grazie anche alla splendida luce del mattino e mi dirigo al visitor center; la mia intenzione e’ di salire al passo del San Gottardo senza le borse della bici, lasciandole magari in custodia al visitor center; mi dicono che le posso lasciare al servizio bagagli in stazione (a 5 franchi il collo!!); non ci penso nemmeno!; scatta il “piano b”; mi dirigo a Hospental dove ho in mente un ristorante che solitamente e’ una gettonata meta di motociclisti appena oltrepassato il al bivio per Realp; chiedo se posso lasciare il bagaglio e non mi fanno problemi; mi sembra giusto che al mio ritorno mi fermero’ per bere almeno qualcosa; con solo una borsa sulla bici riparto baldanzoso e salgo al passo molto piu’ agevolmente; la mancanza di peso eccessivo si fa sentire; la gamba si affatica molto meno e la pedalata risulta molto piu’ efficace e redditizia; il sole e’ caldo ma l’aria fresca si fa sentire; la strada e’ larga e scorrevole mentre per ora manca il traffico invadente; si sale piacevolmente; di tanto in tanto mi fermo per fare una foto o semplicemente ammirare i prati e i pascoli intorno a me; a qualche chilometro dal passo abbandono la strada principale per percorrere la vecchia strada lastricata di sampietrini; molto meno agevole da pedalare ma senz’altro piu’ fascinosa; bello arrivare al passo in questo modo!; la temperatura e’ decisamente freschina ed e’ meglio coprirsi immediatamente se non si pedala; appoggiata la bici al muro del museo in cima al passo, mi sgranchisco le gambe facendo un breve giretto a piedi; nel parcheggio, come su tutti ipassi che ho attraversato, trovo sempre un po’ di motociclisti e camperisti oltre che turisti vari dotati di macchina fotografica e raggrinziti dentro il loro giubbotto e un po’ sorpresi per la temperatura inaspettatamente rigida; questo a mio avviso e’ anche dovuto al fatto che sono rimasti all’interno del loro bozzolo protettore (l’auto o il pullman) per tutto il tragitto di slita al passo e hanno messo il naso fuori solo arrivati in cima …; c’e’ anche un ciclista francese che e’ salito dal versante ticinese ma dice di aspettare il bus per scendere, spaventato dal traffico sulla strada; secondo me e’ solo stanchezza ….
non tardo a prendere la decisione di tornare giu’ velocemente e, al termine di una divertente ma fredda discesa, mi fermo al ristorante; mi merito un piatto di röschti che gusto con una buona birra fuori dal locale; c’e’ vento ma io sono riparato dalla struttura a vetri che si affaccia proprio sulla strada che sale al passo; dopo pranzo ritorno di nuovo per Andermatt e, oltrepassata una galleria, inizio la discesa lungo la caratteristica strada tortuosa che attraversa le selvagge gole del torrente Reuss sopra l’abitato di Goschenen; mi fermo numerose volte per ammirare il lavoro di modellamento che l’acqua ha fatto nel tempo; scendo nuovamente e mi fermo per fotografare l’ingresso nord della galleria del Gottardo; insolito essere qui … in bicicletta!; proseguo verso Wassen dove mi fermo per togliermi qualche strato di vestiario; da qui inizia la salita al Sustenpass; un local che mi vede bello carico mi augura buona fortuna in inglese e io rispondo con un sorriso e un cenno della mano; la salita si fa subito sentire e, appena lasciato alle mie spalle il paesino, vengo letteralmente ingoiato dalle due gallerie scavate nella roccia; conosco bene questi posti da me frequentati durante la stagione scialpinistica; salgo salgo salgo e il panorama della valle scompare dopo l’ultimo paravalanghe per aprirsi verso la Meiental e il passo che mi attende la’ in fondo; bella giornata; la pendenza non e’ mai terribile ma so di dover percorrere molti chilometri; non ci sono tornanti a spezzare la salita e la cosa, psicologicamente, mi da ancora piu’ fastidio, procedo lentamente ma inesorabilmente; all’inizio della giornata non pensavo di riuscire ad arrivare al passo in serata; ora invece mi trovo davvero vicino e penso proprio che quella sara’ la mia meta per la lunga giornata odierna; mi fermo per mangiare una barretta energetica nello spiazzo riservato alla sosta e all’attesa del servizio pullman; sopraggiunge il postale e l’autista, vedendomi, decellera e mi fa cenno se sono fero per aspettarlo; faccio cenno che non ho bisogno di un passaggio e sorrido; mi risponde con un saluto e accelera nuovamente lasciandomi solo in strada con la mia bicicletta; proseguo lentamente e arrivo finalmente alla sezione finale che vede qualche ampio tornate da affrontare; lo salgo senza troppi problemi e mi ritrovo alla galleria finale dalla quale un vento fastidioso spira in senso contrario; l’ora tarda, il vento e la quota mi consigliano di coprirmi non appena ne ho la possibilita’; prima di imboccare il tunnel faccio una breve sosta e mi copro a dovere sapendo che la salita e’ finita; ormai si e’ fatto tardi e sono nella nuvola grigia e cupa; il panorama purtroppo mi e’ negato ancora una volta; sono sotto alla imponente parete del Sustenhorn da me salito almeno 3 volte con gli sci nel corso degli anni, ma non vedo assolutamente nulla; e’ grigio e fa freschino; attraverso la galleria e giungo dall’altra parte dove c’e’ un ristorantino … ovviamente chiuso; nessuno in giro; una foto al cartello che testimonia il nome del passo attraversato e relativa quota raggiunta e scendo velocemente a Steingletscher dove arrivo intirizzito e stanco; la nuvola non mi ha abbandonato e tutto intorno e’ grigio e un po’ triste; dopo essermi guardato intorno ed analizzato la situazione, scelgo il parcheggio del ristorante come luogo dove posizionare la tenda; di fianco a me ci sono due furgoncini adibiti a camper e con ogni probabilita’ saranno i miei vicini per la notte che sta per arrivare; prima che faccia completamente buio risalgo velocemente una stradina secondaria per trovare un posticino adatto per la doccia nel torrente; non senza un attimo di esitazione mi spoglio e mi sdraio nella fredda corrente; riemergo e mi insapono per poi sdraiarmi di nuovo e sciacquarmi; velocemente riemergo e mi vesto con il cambio pulito; sono pronto per la notte ma prima entro in ristorante per ricaricare la macchina fotografica e poi vado a nanna.
venerdi 22 agosto
Dove nasce il Rodano
Steingletscher – Innertkirchen – Grimselpass (2165 m.) – Oberaar – Grimselpass – Gletsch – Furkapass (2431 m.) – Gletsch – Ulrichen
lunghezza 103 km
dislivello 2600 m.
ancora tempo grigio e freschino; dopo aver fatto comodamente colazione in tenda e aver preparato la bici, inizio la lunga discesa coperto con diversi strati di magliette, felpe e guscio esterno; l’asfalto e’ ottimo e la pendenza fa prendere subito una discreta velocita’; ci metto un attimo ad abituarmi alla guida in discesa con l’aria fredda del mattino e ogni tanto mi fermo con la scusa di scattare qualche foto e guardarmi in giro; in realta’ lo farei lo stesso solo per l’esigenza di non sentire il vento freddo che mi sferza in faccia con la velocita’ della discesa. Come il mattino precedente, la musica cambia quando finalmente si raggiungono tratti di strada irradiati dalla luce del sole; qui, come per magia, la muscolatura si rilassa e il viso muta da una smorfia rigida e tesa a un sorriso rilassato; apprezzo davvero tanto questi luoghi, soprattutto se a farmi compagnia c’e’ il sole e i profumi della montagna di primo mattino!
a Innertkirken cambio assetto (mi spoglio per la salita) e inizio a pedalare in direzione sud verso il Grimselpass; saranno altri 30 km di salita; il meteo migliora decisamente; la strada e’ decisamente piu’ trafficata rispetto a quella appena scesa dal Sustenpass; sale dapprima dolcemente per poi farsi piu’ impegnativa ma sempre in un piacevole ambiente di boschi, pascoli, villaggi alpini, forre, cascate, pareti rocciose; la stannchezza si fa sentire ma cerco di dominarla facendo vagare lo sguardo tutto intorno a me; anche la mente cerca di pensare a molte cose e mi accorgo che spesso mischio i pensieri e inizio ad arrovellarmi con ipotesi stravaganti su situazini assurde … sara’ la fatica … o il troppo pensare; quando percepisco di andare verso questo limite cerco di concentarmi nuovamente su cio’ che vedo, cio’ che mi scorre di fianco lungo la strada; andare in bici e’ bello … ma alla luga, se si ha tanto tempo per pensare … i pensieri possono farsi pericolosi! arrivo al passo verso le 13 fra gli applausi di alcuni turisti appena scaricati dal pullman e gli sguardi stupiti di turisti che evidentemente non hanno mai visto una bicicletta cosi’ attrezzata; tempo di rilassarmi facendo due passi a piedi sulle rive del laghetto e scorgo una stradina asfaltata che si inerpica sul fianco della montagna verso la capanna Oberaar; quasi immediatamente decido di andarci; lascio le borse incustodite al parcheggio e mi sembra di volare; l’effetto dura poco perche’ la salita e’ impegnativa; ci impiego non meno di mezz’ora ad arrivare alla capanna con vista sul ghiacciaio e le cime ardite del Lauterharhorn e del Finsterharhorn; ho percorso altri 5 km cosi’ … gratis … senza averlo messo in conto prima; mi e’ venuto cosi’!; torno indietro e recupero la mia roba; riparto in discesa e in un attimo sono a Gletsch; qui abbandono nuovamente le borse per salire e scendere il Furka; sono altri 11 tornanti e 7 km; vado pianino anche se sono scarico; arrivo al passo piuttosto stanco e faccio le foto di rito per poi tornare verso il grande albergo del ghiacciaio del Rodano; qui mi fermo per una sosta relax e entro nello shop per curiosare; altro posto che conosco bene in stagione primaverile; tristemente, noto che il ghiacciaio che alcuni anni indietro si vedeva sporgere pericolosamente dalla bastionata rocciosa, ora non c’è piu’; e’ arretrato parecchio e al suo posto vicino al precipizio c’e’ un bel laghetto di acqua di fusione; c’e’ un discreto movimento di turisti e gente varia in giro a curiosare ed ammirare il bel posto ignari della mutazione dell’ambiente naturale e della regressione del ghiacciaio; di nuovo in sella e giu’ veloce verso Gletsch; cerco di arrivare prima che l’ombra invada la valle; vorrei godere di un po’ di sole mentre faccio il bagno nel torrente ma non ce la faccio; la’ sotto ormai la montagna ha oscurato l’alpeggio e io mi trovo a cercare un posto per il mio bagno quotidiano all’ombra e con un vento fastidioso; dopo il bagno rilassante ma choccante allo stesso tempo per la temperatura dell’acqua e dopo essermi cambiato i vestiti, non so bene cosa fare; restare o proseguire?? decido di proseguire scendendo la valle; sono pulito e profumato ma ora non ho piu’ da faticare; e’ tutta discesa e mi godo la guida della bici fino oltre l’abitato di Ulrichen dove scorgo un praticello che fa per me nel quale ci sono alcune mucche al pascolo; dopo poco, prima del calar del sole, sono gia’ in tenda a cenare.
sabato 23 agosto
La Valle di Gooms, il Vallese e il Lago Lemano
Ulrichen – Brig- Sierre – Sion- Martigny- Villeneuve – Montreux
lunghezza 177 km
dislivello 300 m.
la sveglia ( che non ho), manco a farlo apposta, e’ sempre alla solita ora; sembra che io abbia impostato una sorta di orologio biologico; la ritualita’ dei gesti mattutini scorre senza intoppi e poco dopo mi ritrovo in sella alla mia Kona; viaggio verso ovest attraversando tutta la valle di Gooms; ogni tanto mi fermo a fare foto alle chiesette, a baite caratteristiche, a giochi di luce particolari; la giornata e’ bella e freschina; a Fiesch mi fermo per rifornimento viveri e poi proseguo; non tardo ad arrivare a Brig; una sosta di fianco all’imbocco “svizzero” del tunnel ferroviario del Sempione e poi proseguo verso il centro cittadino che visito velocemente; da qui inizia il lungo attraversamento del Vallese; cerco di utilizzare la pista ciclabile che spesso pero’ fa fare giri strani per evitare la strada principale; per certi aspetti mi va bene, permettendomi di scoprire luoghi mai visti dietro l’angolo; altre volte mi fa arrabbiare dimostrandomi che spesso le ciclabili non sono fatte “per viaggiare” in modo spedito; quando il mio grado di pazienza raggiunge il limite e mi accorgo di perdere tempo, riprendo la strada maestra e continuo con passo spedito su questa; attraverso Sion e Sierre e in entrambi i casi visito il loro centro storico popolato da turisti e residenti che si aggirano per vetrine e caffe’ all’aperto lungo la via principale pedonale; a complicare le cose si e’ alzato un fastidioso vento che spira in senso contrario e mi fara’ compagnia per tutta la valle da Brig a Martigny; quando ne ho abbastanza ogni tanto mi fermo per piluccare qualche chicco d’uva visto che sono circondato da vigneti che ornano tutto il versante sud del Vallese, mentre quello affacciato a nord rimane boscoso e meno addomesticato; anche a Martigny faccio un giro in centro prima di decidere di puntare in direzione del lago Lemano; non so esattamente quanto dista da qui ma sono risoluto ad andare avanti; i chilometri scorrono sotto le mie ruote; la giornata e’ bella e limpida e poco prima del tramonto sono finalmente sulle rive del lago entrando nell’abitato di Villeneuve; qui c’e’ un contest di volo acrobatico (AcroShow) e mi fermo a guardare qualche evoluzione di parapendio e deltaplano; un ragazzo francese mi avvicina informandosi su quello che sto facendo e si dimostra simpatico e sinceramente interessato; chiacchiero un po’ e faccio una passeggiata sul lungolago che per l’occasione e’ stato addobbato di palloni gonfiabili, materiale pubblicitario colorato e c’e’ tanta gente in giro e musica ad alto volume; arriva il tramonto e io decido di andare oltre, non vedendo qui una zona ok per campeggiare;tento di proseguire lungo la pista ciclabile che costeggia il lago ma, dato l’evento sportivo, c’e’ troppa gente a passeggio e decido che mi conviene ritornare sulla strada normale che scorre a lato; poco dopo arrivo a Montreux e mi fermo per fotografare lo splendido tramonto sul lago; una luce splendente fa capolino all’orizzonte; sopra si estende una grossa nuvola scura; sotto il profilo delle colline al di la delle acque del lago; un’ampia scia di fuoco che percorre tutto lo specchio d’acqua e incendia di luce tutto il lungolago dell’abitato di Montreux, valorizzando le facciate delle ville, dei giardini, delle cancellate in ferro battuto, delle statue sul lungolago e della piazza che digrada verso il porticciolo; semplicemente magnifico!; proseguo qualche chilometro e quasi d’istinto fiuto un posto che puo’ essere ok per la mia sosta notturna ma mi accorgo che manca l’acqua; tenendo comunque a mente quel posto, ne cerco uno migliore nei dintorni; attraverso la strada e vado in riva al lago; per caso trovo un campeggio; ormai e’ tardi; la reception e’ chiusa … sono fortunato!; monto abusivamente la tenda e vado a farmi una delle prime docce calde ai bagni del camping; c’e’ anche il collegamento wi-fi cosi’ controllo la casella di posta elettronica e alcune pagine web con il cellulare e scrivo a Elena che sto per arrivare da lei; ormai sono vicino!; quando la tenda e’ montata e’ ormai buio, c’e’ vento che spira dal lago ma si sta bene; chiacchiero con qualche altro campeggiatore e poi vado in tenda a mangiare consultando qualche sito web di notizie per aggiornarmi un po’; mi accorgo che e’ da quando sono partito che sono “fuori dal mondo”; niente notizie … ma la sensazione di non essere connesso, informato e, in qualche modo irraggiungibile, mi da una sensazione di liberta’ e appagamento; pochi (quasi nessuno) sa dove sono e cosa sto facendo; se mi va, saro’ io a contattare le persone … altrimenti … semplicemente … non ci sono! Questo e’ il mio stile!
domenica 24 agosto
costeggiando il lago a trovare una cara amica
Montreux – Losanne – Rolle
lunghezza 52 km
dislivello 50 m.
il risveglio in tenda e’ molto piacevole soprattutto perche’ so che oggi sara’ una giornata “soft”; a circa 50 km di distanza c’e’ la mia amica Elena che con la sua famiglia mi attende; metto la testa fuori dalla tenda e mi accorgo che la mattina e’ molto grigia; nulla a che vedere con la splendida serata di ieri; gia’ durante la tarda notte avevo sentito il ticchettio della pioggia cadere sul telo della tenda; poco male; la temperatura e’ piu’ che gradevole; con la massima calma dopo aver fatto colazione esco dalla tenda e organizzo le borse; in un’oretta sono pronto; esco dal camping nel quale ho dormito abusivamente arrivando tardi la sera precedente e mi ritrovo subito sulla strada principale che costeggia il lago; l’asfalto e’ bagnato e ogni tanto qualche goccia di pioggia disturba la pedalata; la gamba deve ancora carburare ma si procede bene; e’ domenica mattina e sembra che gli svizzeri siano rimasti tutti a letto; qualche persona fa jogging, mi supera qualche bus e io proseguo guardando a destra e sinistra le splendide ville vista lago che mi scorrono a fianco protette da giardini curatissimi incorniciati da inferriate in ferro battuto; viaggio spedito lungo la strada principale con lo scarso traffico della domenica mattina; giunto nei pressi di Losanna decido di fare una deviazione per il centro; me ne pento poco dopo; il centro si trova in alto … e mi ritrovo piegato sul manubrio a spingere sui pedali maledicendo la mia idea di visitare la citta’ … poi, come sempre, quando arrivo a destinazione e noto qualcosa di diverso, che mi colpisce o incuriosisce, o semplicemente il gusto di essere in un posto che non conosco … ecco che la maledizione scompare e lascia spazio alla soddisfazione di gustare il momento, anche solo semplicemente guardandomi in giro …; la citta’ e’ tranquilla, ancora non si e’ svegliata; io giro per le strade del centro in compagnia del suono delle campane della cattedrale; gironzolo senza meta precisa nei parchi e nelle strade per poi decidere di fermarmi a sgranocchiare qualcosa seduto su una panchina ancora bagnata dal temporale notturno; la luce sta cambiando; si sta facendo giorno; sono le 10 circa ma fino a poco fa era ancora grigio; ora si intuisce che il sole e’ alto; un gruppo di sportivi fa fitness con un istruttore nel parco della villa comunale curato perfettamente; e’ una tranquilla domenica mattina cittadina e l’atmosfera e’ rilassata. Decido di proseguire e mi immetto di nuovo sulla strada principale che scende velocemente di nuovo verso le rive del lago; supero una coppia di ciclisti ben attrezzati (lei con bici elettrica); dopo un po’ mi sento seguito; rallento, mi volto e vengo raggiunto dai due che volevano chiacchierare con me e iniziamo a parlare pedalando e fermandoci ogni tanto; sono francesi e al bivio che divide le nostre strade gli do il mio biglietto con il sito; ci separiamo; a me mancano pochi chilometri a Rolle; ho le indicazioni su come fare a raggiungere la casa di Elena; mi dirigo verso la stazione ferroviaria e non ci metto molto a trovare la palazzina; alcuni bambini scorrazzano in giardino divertendosi; non sono sicuro siano i suoi figli ma il numero civico e la via sono quelli giusti; il cancello e’ aperto; entro e trovo i cognomi scritti sul citofono; la conferma; sono arrivato!
schiaccio il tasto e mi viene aperto; entro nell’atrio e una porta al primo piano si apre; Elena mi accoglie con un bel sorriso e mi dice che mi raggiunge subito in giardino; esco di nuovo vicino alla mia bici e in un attimo mi raggiunge; siamo contenti entrambi di vederci; io mi vergogno un po’ per il mio aspetto; non sono certo molto presentabile!; barba lunga e di sicuro non emano un buon odore (nonostante cerco di farmi la doccia tutte le sere con il sapone e indossare vestiti puliti in tenda, quando pedalo indosso sempre le stesse cose ….); in garage trovo ad accogliermi anche Mauro (il marito), stampellato acausa di una caduta dalle scale; dopo aver sistemato la bici al sicuro nel vano sottoscala, saliamo in casa e mi presentano i due figli e il loro compagno di giochi. Sono capitato da loro proprio la domenica ed e’ quasi l’ora di pranzo. Faccio una meritata doccia e mi cambio indossando le uniche cose pulite che mi rimangono estraendole dalle borse da viaggio della bici. Mi siedo a tavola con la famiglia e mi viene servita una abbondantissima razione di pasta al sugo cucinata per me da Elena;
il pomeriggio trascorre serenamente tra una chiacchierata e l’altra; assistiamo in tv al Gran Premio di F1 che si corre a Spa e continuiamo a chiacchierare; arriva un amico di famiglia che si unisce alle bevute di limoncello, poi Elena ed io decidiamo di farci una passeggiata in riva al lago e chiacchierare un po’ di tutto; ci sediamo sulla panchiana a bordo lago ammirando il lago e gustando un momento di relax (per me dallo sforzo fisico del tour in bici e per lei un momento meritato di stacco dai doveri famigliari); la domenica pomeriggio qui e’ animata ma tranquilla; diversa gente a passeggio sulle rive del lago; il pomeriggio non e’ particolarmente limpido ma un bel sole caldo contribuisce a renderla rilassante. Torniamo in casa nel tardo pomeriggio e ci mettiamo d’accordo per la sera; staro’ li anche la notte ripartendo il giorno dopo al mattino; la sera, dopo un’altra cena speciale cucinata da Elena, si chiacchiera sempre amabilmente con tutta la famiglia mentre i bimbi giocano nella loro stanza. Verso le 23 vado a dormire nella camera-studio dove trovo un bel letto ad attendermi; non tardo ad addormentarmi.
lunedi 25 agosto
il giro del lago in senso antiorario e l’inizio del giro del Bianco
Rolle – Geneve – Thonon-les-Bains – Martigny – Col de la Forclaz (1527 m.)
lunghezza 156 km
dislivello 900 m.
dopo una notte tranquilla in un vero letto, al mattino mi alzo riposato; Elena deve preparare i bimbi per il primo giorno di scuola ed e’ molto impegnata con i preparativi di colazione vestizione e controlli da brava mammina; faccio colazione anch’io con loro e poi inizio i preparativi della bici per la ripartenza; ci accordiamo per aspettare il ritorno di Elena dalla scuola per i saluti; tutte le cose belle finiscono e anche questa mia visita spontanea e veloce sta volgendo al termine; il pomeriggio precedente e la sera sono volati; la notte e’ stata rilassante ed ormai e’ giunta l’ora della partenza; sono molto contento di essere stato da lei e mi spiace un po’ andare via ma, come sempre e del resto e’ nel mio stile ,… la strada chiama; si deve andare avanti; saluto Mauro e vengo accompagnato da Elena in garage; dopo un abbraccio sincero, salto in sella e inizio le prime pedalate allontanandomi da casa; sono di nuovo solo; ripercorro il lungolago sul quale ieri eravamo insieme a passeggiare e poco dopo torno sulla strada principale in direzione di Ginevra; e’ lunedi mattina, la giornata e’ un po’ grigia e il traffico relativamente scarso; devo ricarburare dopo oltre mezza giornata di stop; sto bene anche perche’ Elena mi ha coccolato e rimpinzato a dovere; la gamba inizia nuovamente a girare in modo fluido; oltrepasso Gland e mi viene in mente che qui c’e’ la villa di Schumacher; penso di avere capito dove si trova grazie alle indicazioni di Elena; il meteo non tarda a peggiorare; inizia a piovere in modo fitto ma molto leggero; si capisce che mi avvicino ad una grande citta’; strade piu’ grandi, traffico piu’ fastidioso e sostenuto, ferrovie, edifici piu’ grandi e moderni, semafori, bus, persone lungo la strada; arrivo sul lungolago di Ginevra e piove in modo insistente; seguendo il consiglio di Elena, rinuncio alla visita del centro cittadino; mi accontento di percorrere il lungolago e direzionarmi verso la sponda sud che percorrero’ nel pomeriggio in tutta la sua lunghezza per completare il periplo del lago; abbandono volentieri la citta’ e mi fermo per un paio di brioches nei pressi di una rotonda trafficata; la strada che costeggia il lago non e’ proprio cosi vicina alla riva come pensavo; il lago spesso e’ occultato da boschetti e coltivazioni; in alcuni casi intuisco che non e’ poi cosi’ vicino; mi avvicino a confine con la Francia e lo attraverso; qui mi fermo per mangiare qualcosa e fare la spesa; la giornata e’ di nuovo bellina ma sempre fresca; proseguo attraversando localita’ turistiche sulle sponde del lago fino a quando valico nuovamente il confine con la Svizzera; il cielo si fa di nuovo un po’ grigio; ripercorro la valle che dal lago porta in Vallese presso Martigny; mi rendo conto di aver completato il periplo del lago ed essere tornato ad un punto cardine del mio giro senza gustare appieno il lago; d’altronde, un po’ il traffico, un po’ la monotonia della strada un po’ alcuni pensieri che giravano in testa hanno fatto “scivolare” via la giornata in modo veloce e redditizio ma senza il giusto gusto del viaggio che invece ho assaporato quando ero immerso fra le montagne; e’ tardo pomeriggio; decido di approcciare quasi subito la salita al col de la Forclaz; poco prima dell’inizio della salita mi fermo per uno spuntino seduto sul marciapiede; mi raggiungono due passanti a piedi che si informano riguardo le mie intenzioni sbirciando la mia bici super accessoriata … mi fanno gli auguri ….! mi spoglio per la salita e inizio lentamente a pedalare; dopo poco sono gia’ sudato ma l’andatura seppur lenta e’ rilassante e piacevole; splendida la vista su Martigny che piano piano si allontana sempre piu’ in basso incorniciata da un pendio ripido tutto coltivato a vigneto con filari geometrici e curatissimi; il primo tornante panoramico e ancora un lungo rettilineo ripido; si sale sempre di piu’; ormai il fiato, il respiro, la testa e le gambe lavorano in modo coordinato; la fatica e’ solo un ricordo e la mente vaga fra pensieri un po’ ossessivi, nuovi progetti, possibilita’ future, occasioni mancate e vissute, opportunita’ da cogliere e da dimenticare; salgo, salgo; cerco con lo sguardo cosa c’e’ oltre la curva, il tornante; e’ una strada gia’ percorsa in occasione di un paio di gite scialpinistiche nel gruppo del Monte Bianco ma l’approccio in bici mi e’ nuovo; non e’ la stessa cosa; proprio no! sono circa 17 km di salita ma non prevedo di arrivare in cima per la sera; ho gia’ nelle gambe 140 km e ho attaccato la salita finale un po’ tardi; dubito di arrivare in cima prima del buio ma so gia’ che se trovassi un buon posto adatto sarei pronto a fermarmi senza esitazione; cosi’ infatti succede; intuendo che mi resta poco tempo per pedalare con la luce del giorno, decido di non forzare e fermarmi imboccando una pista forestale proprio sopra una baita-ristorante che, come spesso capita, e’ chiusa; c’e’ anche un torrente dove fare il mio amato bagno ristoratore; cosa voglio di piu’?? sistemo la bici e la tenda e in una attimo mi sciacquo nel torrente; pulito e rilassato sono pronto per la cena; mi corico in tenda con splendida vista sulla valle del Vallese che da Martigny si allunga a est verso Sierre e Sion. Come sempre, a sera faccio davvero fatica a tenere gli occhi aperti una volta che mi sdraio nel sacco …
martedi 26 agosto
Col de la Forclaz – Trient – Col des Montets (1461 m.) – Argentiere – Chamonix-Mont-Blanc
lunghezza 32 km
dislivello 600 m.
durante la notte avverto le prime gocce di pioggia via via piu’ insistenti che si infrangono sul telo della tenda; non me ne curo granche’; mi sento protetto e sicuro al mio posto; ho scelto un ottimo posto per la tenda e non ho intenzione di muovere un dito fino a quando non decidero’ di schiodarmi da li! purtroppo la mattina presto piove in modo deciso e io ritardo volutamente le operazioni di rito, ma intuisco che non servira’ a nulla; affacciandomi dall’apertura del telo, scorgo un tempo grigio, plumbeo e sconfortante; troppo coperto e piovoso per sperare in un rapido miglioramento; un po’ scoraggiato, esco dalla tenda dopo aver cercato di preparare il maggior numero di cose all’interno per non bagnarmi troppo nelle operazioni fuori-tenda; non e’ facile uscire dalla tenda e prepararsi … per non dire che e’ un po’ traumatico; si passa dalla protezione del sacco a pelo all’essere in balia degli elementi esterni; il cielo e’ davvero grigio e la pioggia ora cade forte; noto che la portata del torrente poco distante, dove la sera precedente avevo fatto il mio bagno, ora e’ aumentata sensibilmente; sono pronto; salgo in sella e gia’ bagnato riparto per il Colle; vento e pioggia la fanno da padrone; la tuta antipioggia mi ripara bene ma dopo un po’ di salita non distinguo piu’ se il senso di bagnato che sento addosso e’ dovuto alla pioggia o alla condensa dall’interno; mancano ancora almeno 5 km al colle e io procedo lento e a testa bassa per evitare almeno la pioggia negli occhi e il pulviscolo alzato delle poche auto che mi sorpassano; arrivo in cima con tempo pessimo e il mio desiderio e’ solo quello di ripararmi sotto la tettoia che avvisto proprio dove la strada spiana; mi fermo per pochi minuti ma capisco che stare fermo e’ peggio, cosi’ decido di ripartire subito; controllo i dischi dei freni e le pastiglie e noto che alcune persone mi passano di fianco con una pettorina colorata e un numero ben in evidenza; e’ in corso una gara di trail running; la discesa e’ bagnata e scivolosa verso l’abitato di Trient e il confine francese; piove forte e la velocita’ di discesa intensifica il disagio; la frenata della bici e’ lunga e bisogna essere equilibristi e molto sensibili nella guida sul bagnato affrontando i tornanti; sembra assurdo ma non vedo l’ora di arrivare in piano o in salita; il supplizio sara’ minore; dal Col de La Forclaz non e’ tutta discesa; c’e’ ancora un altro colle da valicare; certo meno importante e impegnativo di quello appena superato ma pur sempre fastidioso, soprattutto se affrontato con il desiderio impellente di andare a ripararsi all’asciutto quanto prima possibile; gia’ a questo punto intuisco che questa sarebbe una giornata terribile in bici e cerco di pensare come minimizzare i danni; durante la lenta risalita sotto la pioggia in una giornata grigia con pioggia insistente noto il rumore assordante dei torrenti in piena; attraverso alcuni ponti e il livello dell’acqua, la sua velocita’ e il colore marrone mi impauriscono …; scollino il Col des Montets e scendo giu’ verso Argentiere e Chamonix; finalmente, verso le 11 del mattino, dopo soli 32 chilometri bagnati e sofferti, faccio la mia entrata nella perla del Monte Bianco; arrivo molto bagnato e infreddolito; attraverso il centro dove con qualsiasi tempo trovi gente a spasso protetti dagli ombrelli colorati e nascosti nei k-way e giubbotti e punto verso la stazione di partenza della funivia per l’Aiguille du Midi che mi ricordo essere al coperto; non mi sbaglio!; tempo zero; arrivo, parcheggio la mia bici al coperto contro un muretto interno e stendo gli indumenti bagnati ad asciugare … asciugare?? con cosa??? vabbe’ .. almeno sulla panchina non inumidiscono le cose asciutte che tengo nelle borse ..; mi organizzo e penso che per oggi basta cosi’; non ha senso continuare a pedalare; sarebbe solo un supplizio inutile; niente divertimento, niente panorama; solo rischio di cadere e di prendere una polmonite!
l’Arve e’ in piena e la polizia comunale presidia i ponti del paese impedendo alle persone di sostarvi per fare foto o curiosare; fa davvero paura; ogni tanto la pioggia cessa per riprendere poco dopo con maggior vigore; niente fa sperare in bene per il resto della giornata; rassegnato ma non deluso, mi avvio a piedi per il centro del paese; percorro piu’ volte avanti e indietro la via principale agghindata di negozi colorati con brand e marchi famosi; quando la pioggia si fa piu’ insistente cerco riparo sotto i portici; mi faccio ingolosire da un fast food dove entro approfittando anche dalla connessione wi-fi; vicino al parcheggio dei camper incontro un ragazzo tedesco in compagnia di una ragazza che stanno tentando di fare asciugare i loro averi al riparo sotto una casetta di legno; a giudicare dal fumo prodotto dalla legna bagnata il risultato sembrerebbe solo che si stiano intossicando; non mi faccio problemi e mi avvio verso di loro a chiacchierare un po’; vengo accolto con simpatia e ci mettiamo a chiacchierare piacevolmente; scopro che non stanno viaggiando da soli; si aggiunge un altro ragazzone tedesco; alla fine scopro essere una coppia di autostoppisti e un “matto” che ha intenzione di salire il Monte Bianco cercando di stare per una settimana alla capanna Vallot (poco sotto la cima); questo mi chiede informazioni sull’itinerario di salita; mi da l’impressione di essere un po’ a corto di esperienza (non sono sicuro si renda conto di cosa stia facendo) e mi conferma non avere mai fatto prima una cosa del genere; tuttavia devo ammettere che mi da l’impressione di essere sufficentemente scriteriato per poterci riuscire; chiacchieriamo di viaggi, di lavoro, di stili di vita e di progetti fino a tarda sera innaffiando le discussioni con birra e vino; qualcuno si fuma anche qualcosa di illegale …
con i primi sbadigli annuncio che per me si e’ fatta l’ora di andare a dormire; saluto tutti simpaticamente e mi allontano ripromettendomi di passare a salutarli l’indomani prima della mia partenza; l’odore del fumo mi segue fino alla mia bici; srotolo la stuoia, il sacco a pelo e il sacco da bivacco e dormo letteralmente sotto il bancone della biglietteria della funivia; la bici e’ legata poco distante; gli indumenti stesi non si sono asciugati … e non si asciugheranno mai …
Buonanotte!
mercoledi 27 agosto
Chamonix – Les Houces – Saint Gervais les Bains – Megeve -Flumet – Col des Saisies (1650 m.) – Beaufort – Cormet del Roselend (1967 m.)
lunghezza 114 km
dislivello 2600 m.
Bonjour! … c’est l’heure …! mi fa una guida alpina scherzosa passandomi vicino recandosi ad aprire le porte della stazione della funivia
non sono nemmeno le 7 e i primi alpinisti impazienti di salire con la prima funivia si aggirano per il piazzale; alcuni si siedono o depositano gli zaini vicino alla panchina e controllano meticolosamente il loro contenuto; rimango al calduccio ancora un po’ poi, con l’arrivo di un gruppo piuttosto chiassoso, decido che anche per me e’ arrivata l’ora di darmi una mossa; esco dal sacco a pelo e mi scaldo la colazione tra gli sguardi divertiti/incuriositi dei presenti che hanno capito cosa ci faccio li notando l’attrezzatura, la bici … e la mia barba lunga …!; indosso i vestiti ancora bagnati del giorno precedente con un brivido di freddo ma mi abituo quasi subito; la giornata sembra ancora grigia ma almeno non piove; dopo aver organizzato la bici e controllato di non avere dimenticato nulla, parto lasciandomi alle spalle Chamonix; nei pressi della deviazione per il tunnel buco le nuvole e, come d’incanto, il Monte Bianco si staglia davanti a me; non e’ visibile completamente a causa di alcune nubi in transito, ma si intuisce chiaramente che la situazione meteo e’ in netto miglioramento; proseguo il mio percorso evitando la strada principale interdettta alle bici ; e’ un continuo su e giu’ e dentro e fuori dai vari paesini lungo la valle dell’Arve; poi finisco con il sbagliare strada e mi trovo di fronte ad una strada senza uscita che conduce ad una discarica; torno indietro maledicendo me stesso, i divieti per le bici dei francesi, le indicazioni a volte poco chiare e la salita che mi attende e che poco prima ho percorso agevolmente perche’ era tutta discesa … ; riguadagnata la retta via percorro una strada molto bella nei boschi ma fisicamente dura; non mi aspettavo certo di risalire scendendo verso Albertville! superata la strozzatura della valle presso Les Houces, con una bella salita ed una lunga ed entusiasmante discesa punto deciso in direzione Saint Gervais attraversando la valle dell’Arve e lasciando definitivamente la direzione di Albertville; inizio nuovamente a salire fra boschi di latifoglie e prati; la bellissima mattinata che ormai va velocemente verso il mezzogiorno mi coglie in direzione Megeve; qui mi fermo per mangiare qualcosa ma riparto velocemente; c’e’ un po’ di vento fastidioso; la strada che da Flumet sale al colle e’ molto bella e panoramica ma decisamente lunga e inaspettata; fresco e vento al colle mi permettono di ammirare le limpide montagne circostanti; la bella giornata dopo la triste giornata di ieri mette quasi euforia; riparto ben coperto e affronto con soddisfazione la bella discesa che mi sono guadagnato fino a Beaufort; lunga, rilassante con panorami meravigliosi; arrivo a tutta velocita’ in centro paese e quando mi fermo vengo investito da una vampata di calore; devo svestirmi subito; questi continui shock termici caldo-freddo dovuti a salita e discesa prima o poi li paghero’ cari … penso fra me!; sono un pochino affaticato e mi concedo una breve sosta al visitor center del paesino per chiedere informazioni riguardo la prosecuzione del mio giro; la mia destinazione e’ infatti Bourg Saint Maurice; la signorina gentile mi consiglia di non passare da Albertville, ma seguire la strada del passo (decisione che io avevo gia’ preso); aggiunge che mancano circa 40 minuti in auto … saranno 40, no! 60 km …; aggiunge anche che … “sa grimpe!!” … non mi da certo una bella notizia … ma, guardando attorno le montagne circostanti … me lo aspettavo!!; risalgo in bici sapendo con certezza che tutto quanto ho bisogno ce l’ho con me, quindi sono pronto ad un eventuale bivacco lungo la strada nel caso il buio mi sorprenda nel mezzo del nulla; la salita e’ molto, molto lunga e in alcuni tratti ripida; sono 20 km in su; con pazienza e scioltezza percorro il nastro di asfalto a volte incitato da automobilisti che mi superano o da motociclisti che, incrociandomi in discesa mi fanno il segno ok con la mano scomparendo poco dopo alle mie spalle; apprezzo piano piano la strada che sto salendo, la vegetazione cambia, ogni tanto mi fermo puntando il piede sul guard-rail per guardare giu’ e scorgere la strada e il dislivello appena guadagnato; salgo sempre di piu’ nel bosco fino a quando questo si dirada per lasciare spazio alla vegetazione di altura; pochi alberi, molti prati verdi; la strada spiana e mi regala il panorama del grande lago di Roselend con una luce bassa molto suggestiva; in fondo si nota il nastro di asfalto salire ancora con almeno due tornanti per poi scomparire nei pressi di una profonda gola; sara’ quello il mio arrivo?? il passo?? non sara’ quello ma lo scopriro’ solo salendo piu’ tardi; ho imparato a godere di volta in volta i vari momenti; adesso son qui ed e’ bello qui; quando saro’ la magari sara piu’ bello o forse no; in ogni caso qualcosa sara’ cambiato; la temperatura, la luce della sera , la stanchezza; quindi il consiglio che mi do sempre e’ quello di non rimandare e godersi quello che c’e’ di bello qui e ora! … adesso! mi fermo quindi ad ammirare la splendida luce che impreziosisce il lago e le montagne circostanti; scorgo una cascata che scarica le sue acque con un getto elegante, geometrico e spettacolare di diverse decine di metri; rimango immobile per qualche attimo in mezzo alla strada ascoltando il mio respiro in sottofondo; poi riprendo a pedalare costeggiando il lago cento metri piu’ in alto; attacco la salita sul lato opposto inondata dalla luce del sole che sta tramontando; al tornante alzo lo sguardo per verificare la lunghezza del traverso rettilineo successivo; dietro la prossima semicurva la strada viene inghiottita in una gola; ci arrivo con curiosita’; vengo sorpreso da un forte vento contrario fresco e piuttosto fastidioso; il sole si e’ fatto ancora piu’ basso; la strada sparisce nel cono d’ombra fra le pieghe della montagna; proseguo imperterrito; fermarsi ora significherebbe prendere un gran freddo e nulla piu’; scopro mio malgrado che la strada prosegue ancora oltre i verdi pascoli che si nascondevano oltre la gola nella localita’ chiamata Plan del la Lai; la vedo salire ancora e ancora ma ormai sono oltre la fatica; le gambe girano da sole; mi preoccupo solo di tenere d’occhio il sole; vorrei arrivare al passo prima del buio per avere il tempo di montare la tenda in tutta tranquillita! mi accorgo di essere al limite con i tempi!; arrivo in cima con soddisfazione; e’ sempre un gran bel regalo!; al colle noto un tendone bianco con molta gente attorno e musica ad alto volume; mi avvicino e mi viene in mente la gara pubblicizzata il giorno precedente a Chamonix; e’ in corso l’Ultra Trail del Monte Bianco; massacrante gara internazionale di piu’ giorni attorno al massiccio; atleti da ogni parte del mondo corrono assistiti da una organizzazione che provvede ai rifornimenti, ai soccorsi e ai trasferimenti; sembra piu’ una festa che una gara per lo spirito dei partecipanti; probabilmente i primi, i migliori, coloro i quali la affrontano con lo spirito competitivo sono gia’ passati; chi transita ora lo fa per puro spirito sportivo e passione personale; molto apprezzabile! anche io pero’ sono visibilmente affaticato dopo piu’ di 100 km percorsi con ben 2 passi alpini nelle gambe per questa giornata; cerco un posto tenda non lontano dal passo e individuo un posticino situato ai margini di una stradina che si perde negli alti pascoli; ora estraggo velocemente i vestiti puliti per la notte e vado di corsa nel pascolo per cercare un posto per fare il mio bagno quotidiano nel torrente con sapone; riesco a lavarmi e cambiarmi appena prima che faccia buio; riguadagno la strada principale dove trovo la mia bici utilizzando la pila; con la bici a mano faccio un giro nel tendone bianco da dove escono i corridori che proseguono la loro corsa dopo essersi cambiati e ristorati ed aver ricevuto conforto e incitamenti da famigliari, amici e allenatori; ormai e’ buio completo; monto la tenda alla luce della pila frontale su una stradina sterrata dove passano anche i corridori, che mi salutano e saluto guardandoli perdersi nel buoi della notte; molto stanco ma rilassato finalmente entro in tenda e crollo letteralmente addormentandomi tempo zero nel mio comodissimo sacco a pelo; buonanotte!
giovedi 28 agosto
Cormet de Roselend – Bourg Saint Maurice – La Rosiere – Colle del Piccolo San Bernardo (2188 m.) – La Thuile – Pre-Saint-Didier – Aosta – Etroubles
lunghezza 128 km
dislivello 2100 m.
La notte trascorre veloce e tranquilla e mi sveglio che fuori e’ gia’ chiaro; non guardo nemmeno che ore sono; apro la zip della tenda e mi sporgo con la testa cercando di non prendere freddo; dal caldo del sacco alla testa fuori dalla tenda potrebbe essere traumatico!! la mattina e’ molto bella, con una luce fantastica ma anche molto fresca; come sempre, dopo aver caricato la bicicletta con tutta l’attrezzatura utilizzata per la notte, scendo dal colle su una piacevole e ben curata strada asfaltata guidando per 20 km ben coperto ricamando curve, controcurve, tornanti rettilinei e falsipiani; quando finalmente la strada viene anche solo parzialmente baciata da un raggio di sole sono molto piu’ contento!; con il diminuire della quota l’aria si fa meno fresca e si nota il cambiamento delle essenze forestali; alle quote piu’ basse le latifoglie dominano i boschi selvaggi e le pendici delle montagne; supero non senza difficolta’ alcuni camperisti che scendono a passo d’uomo lungo la strada tortuosa; in qualche caso sono costretti a fare manovra nei tornanti piu’ stretti; a Bourg Saint Maurice mi fermo per una colazione e la spesa alla Lidl; dopo un breve giro nella strada pedonale principale riparto subito in direzione Piccolo San Bernardo; l’indicazione che noto poco prima di iniziare la salita non infonde molta allegria … “Petit Saint Bernard 30 km”; ormai dovrei essere rodato a questi sforzi, dislivelli e distanze ma, li per li, dopo una lunga discesa, si viene assaliti da un certo rilassamento piu’ mentale che muscolare, che ti fa rifiutare ogni ulteriore sforzo; nonostante cio’ mi ritrovo a fare girare le gambe in salita e dopo poche centinaia di metri faccio la prima sosta per togliere il primo strato protettivo di vestiario; il traffico nella parte bassa della salita si fa sentire; serve le localita’ immediatamente a monte di Borg Saint Maurice e fino alla deviazione per Tignes e’ anche fastidioso, poi cala sensibilmente; salendo, ampi panorami mostrano le montagne e i verdi boschi circostanti; riconosco il Mount Pourri e l’orribile agglomerato della stazione sciistica di Les Arcs; piu’ in basso Bourg Saint Maurice che rimpicciolisce sempre di piu’ man mano che io salgo sempre piu’ in alto; nonostante la velocita’ davvero ridicola di salita, il gesto tecnico atletico dello spingere i pedali cercando di mantenere un giusto equilibrio fra sforzo fisico, rilassamento e concentrazione mentale ha un qualcosa di affascinante; ogni tanto riesco a concentrarmi su me stesso e a sentire il mio corpo che lavora; altre volte e’ come se io mi staccassi da esso; e’ come se mi vedessi dal di fuori; altre volte penso in maniera ossessiva alcuni fatti della mia vita e mi dimentico dove realmente sono trovandomi in qualche caso a pedalare fuori giri e affannosamente (soprattutto se il pensiero riguarda una situazione che mi fa arrabbiare); tutto questo pero’ succede mentre affronto la salita ed e’ bello spaziare con la mente in questo modo; ogni tanto pero’ e’ meglio svegliarsi per tenerla al guinzaglio e non lasciarla divagare troppo; si rischia di rimuginare, divagare, inventare e non notare dettagli che stiamo superando lungo la strada e sarebbero degni di nota; ogni tanto mi fermo per scattare foto e per mangiare un cioccolato, un biscotto o una barretta; oltrepasso la localita’ turistica sciistica di La Rosiere e, oltre una curva a gomito si intuisce la in fondo il passo; mancano ancora piu’ di 5 km di salita ma non e’ importante; l’arietta fresca contribuisce ad alleviare la fatica e procedo senza intoppi ne’ affanni; davanti a me vedo in lontanaza un ciclista che procede piu’ lentamente; a poco a poco lo raggiungo e mi affianco a lui; ci salutiamo e parliamo un pochino; e’ un inglese anziano che ha una casa sopra Bourg Saint Maurice ed e’ preceduto di alcune centinaiai di metri dalla moglie molto piu’ giovane di lui; e’ molto simpatico e chiacchieriamo piacevolmente; mi adatto volentieri al suo ritmo per un po’, poi mi chiede di andare a prendere la moglie la davanti e avvisarla che “the old man is coming”; arrivo al colle e avviso la signora che, appena scesa dalla sella attende il marito spuntare dall’ultimo tornante in fondo al rettilineo; in cima, come al solito, un venticello fastidioso mi consiglia di coprirmi subito; bellissimo il panorama con ampi prati verdi e ad Ovest lo splendido massiccio del Monte Bianco che sto “circumnavigando” da 3 giorni; oggi, a differenza di due giorni fa a Chamonix, si mostra in tutto il suo splendore; non una nuvola in tutto il cielo!; mangio una banana, una focaccia e una barretta di cioccolato e scatto qualche foto in cima e mi rilasso sdraiato sul muretto di cemento che costeggia la strada; non tardo a decidere di ripartire subito dopo essermi coperto per la lunga discesa; mi aspettano circa 40 km (tutti ampiamente meritati!) senza fare fatica; in discesa faccio fatica a non staccare lo sguardo dalla strada che serpeggia verso il fondovalle per non ammirare il panorama circostante; ormai in basso, quando la temperatura si fa decisamente piu’ gradevole, scorgo in una stradina laterale una bici ben attrezzata adagiata a terra e una figura femminile che mi saluta simpaticamente; non ci penso due volte … con una lunga frenata mi fermo e ritorno indietro per scambiare due parole; e’ una graziosissima e solitaria ragazza inglese che sta percorrendo un po’ il nord Italia in bici; mi racconta di essere partita da Venezia poi Padova, un giro sul Garda e pian piano ora e’ qui; sta salendo lentamente verso il passo (le indico che e mancano almeno 10 km di salita, che io ho fatto in discesa); va a trovare la madre in un paese francese per poi fare ritorno in Inghilterra in aereo; chiacchieriamo un po’ molto spontaneamente; c’e’ molto feeling e non e’ difficile provare ammirazione e simpatia e curiosita’ per personaggi come noi; l’indole e’ molto simile, le motivazioni possono essere differenti ma la complicita’ e’ palpabile!; dopo una buona mezz’ora a parlare e’ giunta l’ora di ripartire; lei deve salire … e io scendere …; non nascondo che la tentazione di “mollare tutto” per una giornata e seguirla e’ forte e in effetti non so perche’ non lo faccio; in certi momenti si dovrebbe avere proprio il coraggio di “saltare”, improvvisare, rischiare; seguire quello che ti suggerisce l’istinto; ci salutiamo con sincera complicita’ dopo che le ho lasciato il bigliettino del mio sito con i miei recapiti e, velocemente allento la pressione sulle leve dei freni e in un attimo sparisco in discesa dietro la curva ….. ; continua la lunga discesa e le gallerie danno un po fastidio per il traffico ed il rumore soprattutto delle moto con gli scarichi aperti; arrivo in valle all’incrocio con la strada principale che salendo porta a Courmayeur; la visione del versante della Brenva del Monte Bianco e’ impressionante e allettante allo stesso momento; parcheggio appoggiando la bici al marciapiede e inizio le operazioni di svestizione; da questo punto la discesa vera e propria e’ terminata; proseguendo verso Aosta la strada alterna tratti in falsopiano a tratti in discesa pedalata; la temperatura e’ abbastanza calda e il sole si fa sentire; il traffico veloce che sfreccia troppo vicino al manubrio della bici mi fa rimpiangere l’eccessiva rispettosita’ degli automibilisti stranieri; procedendo verso est non perdo occasione per voltarmi ad ammirare il massiccio del Bianco alle mie spalle sbandando pericolosamente con il rischio di trovarmi in mezzo alla strada trafficata se non addirittura in contromano; le borse infatti non aiutano la guidabilita’ del mezzo; procedendo attraversando paesi di fondovalle separati da tratti di strada costeggiata dal bosco, giungo ad Aosta nel tardo pomeriggio con un leggero mal di testa forse causato dallo sbalzo di temperatura incontrata durante la giornata, la fatica che si fa sentire, il rumore dei motori nelle gallerie e il traffico cittadino entrando nel capoluogo della Valle d’Aosta; percorro la via centrale pedonale curiosando in giro; c’e’ parecchia gente a spasso; giungo al cospetto dell’Arco di Augusto; mangio un pezzo di pizza e cerco un supermercato; gironzolo un po’; mi fermo ad ascoltare un gruppo numeroso di percussionisti che si esibisce in piazza; e’ gia tardi a io mi riemetto in strada risalendo la valle per il Gran San Bernardo; si fa sempre piu’ buio ma ormai non sono lontano da Etroubles; arrivo appena prima del buio; trovo un parco giochi appena fuori dall’abitato e c’e’ anche una fontana; bene; bagno nella vasca della fontana con insaponata e nuova immersione; tenda pronta e via; relax; ormai e’ buio quando srotolo nuovamente il mio “amico” sacco a pelo della Ferrino.
venerdi 29 agosto
Etroubles – Colle del Gran San Bernardo (2473 m.) – Martigny – Brig – stop ai margini della strada per Rosswald sopra Ried
lunghezza 154 km
dislivello 1500 m.
risveglio soft con colazione sul tavolino di fianco alla tenda; preparazione senza fretta e, nel giro di un’oretta da quando mi sono alzato mi rimetto in sella; la strada sale subito appena fuori l’abitato di Etroubles e la fatica si fa sentire immediatamente; devo ancora carburare; mi fermo a Saint Remy per una seconda colazione e per chiedere indicazioni stradali (superflue ma che a volte mi servono solo per conferma e per chiacchierare un po’ con la gente); da qui sono altri 20 km di salita; il traffico e’ esiguo dopo l’abitato perche’ risulta piu’ veloce la percorrenza del traforo anziche’ salire al passo; e’ ancora presto ed e’ piacevole salire nei boschi di abete rosso; salendo, sul versante opposto si vede una casetta che sembra indicare il passo … ma mi inganno da solo; non e’ l’ospizio!; la strada continua a salire con ampi tornanti e curvoni; qualche ciclista mi supera; alcuni salutano … altri no; io continuo con il mio passo; di tanto in tanto mi fermo per una foto, per sgranchire le gambe, per stirare la schiena e il collo; cosi’ facendo arrivo all’Ospizio verso mezzogiorno; la giornata si e’ fatta un po’ grigia; c’e’ un venticello fastidioso; auto e moto arrivano e ripartono da entrambi i versanti; dopo le foto di rito e un’occhiata in giro mi vesto e sono pronto per la lunga discesa verso Martigny; sara’ davvero lunga; con tratti anche in falsopiano ma sono ben 45 km; il primo lunghissimo tratto percorre una galleria-paravalanghe che impedisce di gustare il panorama circostante ed e’ piuttosto triste da percorrere in bici, per poi aprirsi attraversando l’abitato di Bourg Saint Pierre; gusto la discesa fermandomi ogni tanto a far riposare le dita delle mani sempre agganciate alle leve dei freni e a respirare un po’ di aria senza il fastidio del rumore dell’aria che frusta la faccia, gli occhi e le orecchie in discesa; la giornata sotto al passo e’ bella e la temperatura piu’ che piacevole; a volte indugio fermo ai margini della strada ammirando il panorama circostante restio a ripartire nuovamente verso valle; vorrei stare li, silenzio, niente rumore dell’aria in faccia, niente smorfie del viso teso dovute all’aria fresca …; mi ritrovo di nuovo a Martigny dopo un’infinita discesa e la parte finale in falsopiano; qui faccio una scappata da McDonald piu’ per golisita’ che per effettiva fame; non mi soffermo ulteriormente in questa cittadina che ho gia’ attraversato due volte in questo giro delle alpi; proseguo in direzione contraria rispetto a una settimana fa; questa volta pero’, per mia fortuna, ho il vento a favore e si viaggia tranquillamente sopra i 30 km/h senza affanno; ripercorro tutta la valle del Rodano e prima di Sion, probabilmente sbagliando, sono costretto a fare una deviazione arrampicandomi su per i vigneti per una strada secondaria poiche’ il traffico ciclistico non era ammesso sulla strada principale che proseguiva in valle; quando inizio ad innervosirmi ed avere il dubbio di essermi sbagliato, incrocio una signora alla quale chiedo indicazioni; questa, gentile mi conferma di essere sulla strada giusta; con il dubbio e il nervosismo dovuto anche alla stanchezza, di potermi risparmiare in qualche modo quella risalita non prevista, poco dopo scollino e in un attimo sono di nuovo in valle; proseguo imperterrito nel traffico della strada cantonale principale concentrato ormai sulla progressione e non piu’ sul panorama circostante che in queste zone e’ caratterizzato da capannoni industriali, officine e anonimi centri commerciali; verso sera sono di nuovo a Brig; per trovare un posto tranquillo dove piazzare la tenda decido di forzare la tappa e salire gia’ in direzione del passo del Sempione; la strada ciclistica si innalza subito ripida e io sono stanco; ormai e’ buio ma sono abile ad individuare un posto lungo una stradina con annesso torrente ; non ci penso due volte; per oggi ne ho abbastanza; devio e parcheggio la bici; bagno nel torrente e monto la tenda; per oggi ho finito e domani sara’ l’ultimo giorno.
sabato 30 agosto
Brig – Simplonpass (2005 m.) – Domodossola – Gravellona – Vergiate
lunghezza 142 km
dislivello 1000 m.
il mattino vengo svegliato dalle prime auto che transitano lungo la vicina strada secondaria; come sempre, dopo colazione organizzo i carichi della bici e parto; la mattina e’ grigia e poco invitante per le nuvole basse che incombono sopra la testa ma sembra che piu’ in alto possa aprirsi qualche schiarita; la salita e’ aggressiva gia’ da subito e mi trovo ad “entrare in temperatura” dopo poche pedalate ma la strada, molto suggestiva, si inerpica sui fianche della montagna fra splendidi larici e ripidi pendii erbosi; si sale, si sale, si sale e la mia velocita’ non e’ superiore ai 5 km/h; e’ un po’ demoralizzante procedere cosi’ ma ormai ci sono abituato; so che devo rilassarmi e far si che i giri di pedale siano sempre piu’ sciolti possibili evitando l’affaticamento, evitando di salire di potenza; per non pensare alla pendenza della strada che ho davanti cerco di focalizzare il mio sguardo sui dettagli che mi scorrono di fianco; alberi dalla forma strana, praticelli incastonati fra le rocce, fiori, la ruota che gira lenta sotto il mio sguardo; dopo 5, 6 km incrocio nuovamente la strada principale che dovrebbe essere classificata autostrada; vedo anche il cartello blu che la declasserebbe a strada percorribile anche con le bici ma, nel dubbio e non contento di fare un pezzo di quella strada in bici, scelgo di seguire le indicazioni “Simplonpass”; mi trovo cosi’, mio malgrado, a scendere in picchiata nel fondo della vallle laterale che poi vira decisamente verso l’impressionante ponte autostradale poco prima dell’abitato di Berisal; raggiungo e attraverso il torrente piu’ volte e mi perdo in stradine sterrate secondarie; l’intuizione mi dice che la strada e la direzione sono giuste ma in ben due casi sono costretto a scendere dalla sella per la ripidita’ del tratto; passo sotto il ponte e poi mi immetto di nuovo sulla strada principale (e unica); prima pero’ chiedo conferma a due persone trovate ai margini di un pascolo …non si sa mai!! … siamo in Svizzera!! non vorrei essere arrestato per aver percorso un tratto di autostrada in bicicletta!; transito per Rothwald e poi imbocco il lungo paravalanghe che mi fa salire agevolmente verso il passo; eccomi finalmente spuntare dall’ultima galleria; la pendenza diminuisce sensibilmente; la giornata e’ bella e un sole piacevole irraggia e scalda le membra stanche e un po’ provate dall’ultima salita; sono in cima all’ultimo passo della mia lunga cavalcata delle Alpi.
La giornata e’ bella; alcune auto e moto in giro; mangio qualcosa e poi mi copro; riparto in direzione Italia e sfreccio a circa 70 km/ h giu’ per Simplondorf e Gondo; posti ben conosciuti e famigliari ma visitarli e attraversarli in bici ha un fascino che li fa apparire nuovi; scendo, scendo, scendo oltre Varzo e Crevoladossola; mi fermo a spogliarmi e in un attimo attraverso Domodossola; l’aria e’ calda e il sole spacca; ormai sono in basso, … molto in basso … troppo in basso!; in valle trovo anche il vento contrario che mi fa compagnia per tutta l’Ossola; speravo in una fetta di pizza all’osteria di Anzola ma poi quando sono al bivio, tiro dritto per andare a salutare Giuseppe che non trovo; proseguo e arrivo a Stresa e mi concedo un ottimo gelatone in riva al lago; chiamo Paolo per due battute scherzose avvisandolo che sto rientrando e poi proseguo; piano piano lungo la statale del Sempione attraverso dapprima le piacevoli localita’ sulle rive piemontesi del Lago Maggiore, quindi Arona Dormelletto e Castelletto Ticino; posti che odio ancora di piu’ avendo negli occhi ancora le bellezze delle nostre montagne appena attraversate; a Sesto Calende, sul ponte di ferro, faccio una sosta per fotografare il panorama da “sopra” il fiume; proseguo lungo il fiume Ticino prima di salire l’ultimo strappo per Vergiate; chiamo a casa; fra 10 minuti saro’ su; oltrepassata l’ultima curva trovo i miei ad aspettarmi con macchina fotografica in mano per immortalare l’arrivo; proseguo fino in cima alla ripida salita di via della pineta e poi scendo dalla bici in piano per gli ultimi 150 metri; varco il cancello di casa e mi sdraio sull’erbetta non prima di aver sparpagliato dappertutto il contenuto delle mie borse; dall’alto del balcone fanno le foto a me, alla bici e a tutto cio’ che mi sono portato appresso per quasi un mese.
Bentornato a casa!!
A quando la prossima avventura??
CONCLUSIONI e RIFLESSIONI
… e anche questa avventura, nata quasi per caso e senza alcun programma definito, e’ stata realizzata e si e’ piacevolmente conclusa.
Se escludo i primi giorni di bel tempo e la “conquista” del Triglav all’inizio del mio viaggio che mi faceva ben sperare per i giorni successivi, devo poi dire che non sono stato fortunato con il meteo; ma chi lo e’ stato in questa “estate invernale” capricciosa?? tutti si sono lamentati!
Troppe le cime da salire alle quali sono stato costretto a rinunciare per il maltempo! … la Marmolada, la Vetta d’Italia, il Gran Pilastro solo per citarne alcune …
Nonostante cio’ io sono molto soddisfatto del viaggio, delle salite, delle discese, dei giorni passati ad attraversare splendidi paesaggi, delle montagne viste, conosciute e sconosciute, della gente incontrata per caso, del sorriso e dell’incitamento dei passanti, … persino del traffico che disturbava il mio percorso;
sono contento di sentirmi fisicamente bene, sono contento di essere stato ben accolto dalla mia cara amica e dalla sua famiglia, … sono contento persino del freddo mattutino, della pioggia che mi faceva apprezzare maggiormente le schiarite che mi hanno regalato piacevoli viste su monti e valli con quell’atmosfera ovattata e misteriosa che solo la variabilita’ e l’imprevedibilita’ del tempo in montagna puo’ donare; sono contento di essere tornato a casa con la voglia di ritornare ma di ripartire presto per altre avventure ed esperienze.
In questa lunga cavalcata solitaria sulle Alpi sono stato a mio agio con me stesso, sono stato bene nonostante i problemi reali che comunque ci sono, ci saranno …
mi e’ ancora piu’ chiaro che non si deve aspettare che vada tutto bene per dire “ok adesso ci siamo”, perche’ si rischia di vivere solo alcuni momenti e perdersi tante sfumature che disegnano la personale avventura di vita.
Nella vita ci sono sempre alti e bassi … e’ una frase banale, lo so, …; ma fin quando non ci si finisce dentro ai periodi decisamente “no”, estremamente bui, dove tutto sembra sbagliato e senza via di fuga, e’ difficile capacitarsi di come si stia male … ma e’ altrettando difficile capire come diavolo si faccia a potersi risollevare all’improvviso, grazie anche a qualcosa di semplice che capita, che semplicemente succede senza che venga cercato o causato…
in un periodo di incertezze e mancanza di obiettivi e di scarsa autostima, una sera, durante una “pizzata” a casa di amici, uno di loro si e’ messo a “sfogliare” le pagine del mio sito web collegato a internet sullo schermo della televisione; di colpo, dalle classiche chiacchiere da tavolata, tutti gli amici, entusiasti e curiosi, hanno iniziato a farmi un sacco di domande riguardo i miei viaggi ed i luoghi, riguardo le mie esperienze, navigando da una pagina all’altra, da una esperienza all’altra … ed io mi sono ritrovato a “spaziare” fornendo racconti di viaggio e di sensazioni ed esperienze dalla Sicilia all’Alaska, dall’India al Costa Rica, dalla British Columbia alla Nuova Zelanda, dall’Australia al Cammino di Santiago … cosi’ … a ruota libera …!
Ecco … questo sono io …! … A Ruota Libera! … e questo mi fa’ davvero sentire bene!
Il periodo di grandi incertezze non e’ ancora finito e, conoscendo il mio carattere, forse non finira’ mai, ma devo dire di essermi risollevato o quanto meno aver trovato nuovi stimoli, nuovi obbiettivi da perseguire, nuove energie per proseguire.
Se dovessi fermarmi ora, dovrei solo essere soddifatto di cio’ che ho fatto e vissuto, evitando di recriminare riguardo cio’ che non ho potuto fare o avere perche’ , forse, cio’ che non ho avuto non l’ho desiderato davvero.
Nel caso invece io abbia ottenuto cio’ che ho desiderato ma poi questo si e’ modificato a tal punto da non sentirmi piu’ soddisfatto, a maggior ragione deve essere una motivazione per proseguire nella ricerca di qualcosa di diverso.
Gianluca
GeoAdventures