
“Che cos’e’ un geografo?” chiese il Piccolo Principe.
“E’ un sapiente che sa dove si trovano i mari, i fiumi, le citta’, le montagne e i deserti”, rispose il vecchio signore
(da Il Piccolo Principe di A. De Saint-Exupery).
Ancora oggi nell’accezione comune il geografo ha il compito di descrivere e catalogare gli oggetti terrestri. “..quanto e’ alto il Monte Bianco? Quali sono gli affluenti di destra del Po?”.
Il geografo in effetti studia i rapporti tra i fenomeni umani che hanno un riflesso sul territorio con l’obiettivo non tanto di descriverli e a catalogarli, quanto piuttosto di capire i meccanismi che li animano.
Egli analizza lo spazio geografico, inteso come insieme di ambiente fisico e strutture culturali, economiche e politiche,
e’ il tecnico in grado di valutare la situazione del sistema geografico e di suggerire gli interventi necessari a superare e/o prevenire le fasi di squilibrio: sovrappopolamento, denatalita’, sottosviluppo, sovralimentazione, fame, deforestazione, effetto serra.
La sua professionalita’ lo vedrebbe naturalmente inserito nelle strutture che si occupano di pianificazione territoriale. Questo in effetti si verifica in molti paesi, per esempio nella maggior parte di quelli di lingua anglosassone ed in Francia. Purtroppo non in Italia
Il geografo applicato traduce l’elaborazione teorica in fatti concreti. Cerca di individuare i rapporti di causa ed effetto e su questa base disegna un piano per lo sviluppo del territorio.
Il geografo analizza le interazioni tra l’essere umano (in quanto individuo o facente parte di un sistema), il suo territorio (quartiere, citta’, regione, paese) e l’ambiente naturale.
Da un lato studia le conseguenze degli interventi umani sul paesaggio; dall’altro, l’influsso dell’ambiente sulla qualita’ di vita.
I compiti principali sono:
pianificazione del territorio, urbanistica
organizzare uno spazio e determinarne l’utilizzazione futura;
gestire i problemi che lo concernono;
determinare l’utilizzazione di zone agricole, di costruzione, ricreative, di servizi, di spazi pubblici, ecc.;
occuparsi dello sviluppo (industriale, turistico, ecc.) di una regione;
coordinare i progetti, effettuare studi preliminari e studi di impatto ambientale;
ambiente
studiare l’impatto dei progetti di costruzione;
fornire consulenza alle persone e alle associazioni interessate;
sorvegliare le zone protette;
collaborare con le associazioni (ambientali, agricole, ecc.), proporre misure destinate a ridurre i danni ambientali, organizzare azioni di sensibilizzazione in difesa dell’ambiente;
studiare i cambiamenti climatici e il loro impatto sull’ambiente e la societa’;
sull’ambiente e la societa’;
stabilire procedure per la gestione dei rifiuti;
sensibilizzare il pubblico sulla protezione dell’ambiente;
ricerca
effettuare ricerche sul modo in cui ogni societa’ organizza il suo territorio;
elaborare modelli che simulino cambiamenti nella natura o nell’abitato e le conseguenze di questi cambiamenti sudifferenti settori ambientali e socioeconomici
(i modelli piu’ utilizzati sono: i sistemi d’informazione geografica SIG, i modelli idrologici e quelli climatici);
partecipare alla ricerca scientifica nazionale;
gestire banche dati geografiche computerizzate;
collaborare con cartografi e designer SUP in comunicazione visiva nella creazione di carte geografiche e documenti informativi;
insegnare geografia a vari livelli (scuola media, scuola universitaria professionale, universita’).
organizzare uno spazio e determinarne l’utilizzazione futura;
gestire i problemi che lo concernono;
determinare l’utilizzazione di zone agricole, di costruzione,
ricreative, di servizi, di spazi pubblici, ecc.;
occuparsi dello sviluppo (industriale, turistico, ecc.) di una regione;
coordinare i progetti, effettuare studi preliminari e studi di impatto ambientale;
Attitudini
Attitudine a lavorare in gruppo
Attitudine a negoziare
Buona capacità di rappresentazione spaziale
Capacità di analizzare e di risolvere i problemi
Capacità di sintesi
Interesse per la matematica e le scienze
Interesse per la natura
Rigore scientifico
Perfezionamento
formazione pedagogica complementare per l’insegnamento (corsi di abilitazione)
specializzazione in determinati settori: per esempio urbanistica, protezione dell’ambiente, ecc.
formazioni postgrado offerte da universita’ e politecnici
seminari di ricerca e di formazione continua, studi di casi
concreti, stage pratici, congressi, lettura di opere specializzate
dottorato
Condizioni di lavoro
I geografi si situano all’incrocio tra differenti apporti scientifici
(sociologia, economia, politologia, urbanizzazione, ecologia, scienze dell’ingegneria) nell’ambito dell’organizzazione del territorio.
Sono quindi chiamati a collaborare con specialisti di vari settori, di cui sintetizzano gli apporti: giuristi, sociologi, architetti, geometri, ingegneri, economisti, geologi, ecc.
Possono lavorare nell’ insegnamento, nell’amministrazione, nella pianificazione del territorio, nella protezione dell’ambiente, in uffici privati di studio d’impatto ambientale o d’urbanistica
e anche in associazioni ambientaliste, nel turismo, nella statistica, nell’aiuto allo sviluppo, nel giornalismo o nella cartografia.
I posti di lavoro che esigono una formazione specifica di geografo sono rari.
Malgrado cio’, l’esperienza pluridisciplinare dei geografi presenta una carta vincente in ambiti complessi, che richiedono conoscenze in diverse discipline.
Filastrocca del Geografo
Io del mondo son padrone,
lo esploro in ogni direzione,
di osservarlo non mi sazio,
lo fotografo dallo spazio,
lo rappresento sulla carta
usando simboli di ogni sorta:
giallo e verde, blu e marrone,
o un colore diverso per ogni nazione.
Nel mio viaggio mai non mi fermo,
uso la bussola così non mi perdo:
da nord a sud, da oriente a ponente,
descrivo con cura ogni continente.
Osservo che l’uomo trasforma l’ambiente
e che l’erosione consuma anche un monte,
perché se un’azione è costante e lenta,
oppure se è davvero violenta,
allora il paesaggio il suo aspetto trasforma
e a quello di prima più non ritorna.
La flora, la fauna ed il clima descrivo
e il lavoro dell’uomo se è produttivo;
primario, terziario o secondario,
ogni settore per me è straordinario:
l’agricoltura, l’artigianato,
l’allevamento ed il mercato,
per concludere con l’industria
che nel prodotto il suo ingegno dimostra.
Per meridiani e per paralleli
continua ancora il viaggio di ieri.
Del nostro pianeta andiamo fieri:
vale più di mille forzieri!
Il Geografo e il Viaggiatore
Il Geografo e il Viaggiatore
Il geografo e il vero viaggiatore si sovrappongono. Entrambi sono neutrali osservatori, per quanto possibile, di un territorio, di una cultura, come della storia comune di questi due aspetti.
Un atteggiamento in particolare unisce viaggiatore e geografo in modo unico. Questi sono gli unici desiderosi di perdersi. Per ogni altro perdersi equivale, in senso figurato ad una disgrazia, in senso pratico ad un problema. Per il viaggiatore è invece una speranza, significa scavalcare un confine immaginario e divenire avventuriero. Mettere piede dove nessun altro ha posto il suo, o posare gli occhi su ciò che non è stato ancora visto, è ciò a cui il viaggiatore tende, ciò che egli desidera. Per il geografo, invece, perdersi è una necessità. Per poter generare una nuova mappa, una che prima della sua venuta non esisteva, esso deve abbandonare ogni altra mappa già tracciata. Se è incapace di perdersi, estraniarsi dai punti di vista già consolidati, sia sulla natura sia sulla cultura dei popoli che si trova a visitare, esso non sarà capace di portare a termine il suo compito.
Uno dei geografi più rappresentativi, Carl O. Sauer, indirettamente definisce così il rapporto tra il geografo e il viaggiatore: “The geographer and the goegrapher-to-be are travellers, vicarious when they must, actual when they may. They are not of the class of tourists who are directed by guide books over the routs of the grand tours to the starred attractions, nor do they lodge at grand hotels”*.
Non si viaggia per riposarsi, non si viaggia per svagarsi, ma per riempirsi la mente di osservazioni, analogie, contrapposizioni, storie. Non ci si reca solo nei luoghi belli e celebrati tali, ma un po’ ovunque, almeno quando possibile, ed anzi molte volte accade che siano i luoghi meno attraenti ad essere i più significativi per capire il paese in cui ci si trova.
Infine, si viaggia con un occhio alla mappa, con un itinerario in mente, ma solo per rivedere quest’ultimo lungo la via. Per ridisegnare quella mappa con vissuti e osservazioni da sovrapporre ai simboli che la costituiscono per natura. Così fa anche il geografo, come detto, che parte con una mappa in mente, ma deve scordarla per poter realmente osservare e tornare a casa con una nuova mappa, che dica qualcosa che in quella di partenza non c’era.
La mappa del geografo è prima di tutto una mappa fisica, che segna pianure e altipiani, catene montuose e scogli affioranti. Ma su questa si innestano poi storie più complesse, storie umane. Storie di eserciti schierati lungo confini contesi, confini non segnati dalla natura e quindi conquistabili. Storie di mandrie di bufali in migrazione, obbligati dai canyon lungo le praterie, con gli uomini al loro seguito. Tra le tante storie ne scelgo una che esemplifica bene l’intreccio di geografia fisica e cultura.
Nel 1960 Cina e Nepal discutono, in modo pacifico, la delimitazione dei loro territori, presentando ognuna una delineazione della linea di confine in relazione alla propria storia. Le due mappe presentate, ovviamente, non coincidono. In particolare, ognuna delle due sostiene che il monte famoso come Everest si trovi all’interno del rispettivo confine. Le motivazione addotte dalla Cina sono di tipo storico, legate al linguaggio popolare. Secondo loro il fatto che il nome cinese della montagna, Chomolungma, appartiene alla lingua corrente da secoli, identifica la montagna come maggiormente radicata nella cultura cinese rispetto a quella nepalese. Il Re del Nepal, Mahendra Bir Bikram Shah Dev, tramite il suo Primo Ministro, però, dichiara di non essere per niente d’accordo. I nepalesi sostengono quindi di rimando che il nome Sagarmatha identifica la montagna per i nepalesi almeno dagli anni ’30 del ’900. Stavolta i cinesi non sono molto contenti, ma visto che la ri-delineazione dei confini ha lo scopo di celebrare i rapporti d’amicizia tra le due nazioni, questi accettano la mappa nepalese che pone la linea di demarcazione fra gli Stati al centro della montagna. Metà e metà insomma.
Il monte Everest è quindi ancora oggi diviso fra le due nazioni, ma non è questo ciò che conta in questo caso. Quel che è interessante notare è come la cultura locale, il linguaggio in questo caso e la presenza o meno al suo interno di una parola che identifichi l’oggetto della contesa, sia stato determinante per la mappatura del mondo**. Questo esempio non è che uno tra i tanti. Ogni parte di mondo che sia contesa fra Stati vede una simile disputa, dove differenti versioni della Storia si contrappongono nella lotta per un confine.
Una montagna ha tanti strati di roccia quanti significati, e così ogni altra cosa. Nel senso che oltre a poter essere analizzata in un ottica meramente fisica, dalla geologia per esempio, e mappata in relazione a questa, ha altri mille modi di essere delineata. Il più interessante è vedere come questo suo lato fisico si sia intrecciato con la vita umana, obbligandola o al contrario essendone modificata, arricchendosi così di significati unici, immateriali ma vivissimi. Mappare la cultura, quindi, è dove il viaggiatore e il geografo si incontrano.
*Il geografo e il geografo-che-sarà sono viaggiatori, indiretti quando necessario, effettivi quando possibile. Non stanno nella classe dei turisti diretti da guide sulle rotte del grand-tour per le attrazioni stellate, né alloggiano al Grand hotel. Da “The education of a geographer”, di Carl O. Sauer.
**Il processo di definizione reciproca tra cultura e linguaggio da un lato e natura fisica dall’altro ha conosciuto anche il procedimento inverso. Il concetto di Sublime, che sarà poi portato a precisione analitica da I. Kant nella seconda metà del ’700, costituisce uno dei cardini dell’estetica moderna sviluppandosi parallelamente al concetto di bellezza. Il Sublime è la grandezza che ci sovrasta, ci annienta nella nostra piccolezza, di ciò che non è contenibile in un solo sguardo e così rasenta l’idealità. Gli oggetti così superiori alla nostra dimensione ci terrorizzano, ma così facendo creano in noi uno stato di attrazione tale da essere comparabile a quello della bellezza. La prima apparizione del concetto di Sublime nella letteratura moderna è negli scritti di alcuni intellettuali inglesi, in particolare John Dennis, Anthony Ashley-Cooper Conte di Shaftesbury e Joseph Addison, agli albori del ’700. Le riflessioni di questi provengono in tutti e tre i casi dai loro viaggi verso l’Italia, nel così detto Grand-Tour. Il passaggio attraverso le Alpi, L’Himalaya europeo, nei loro diari genera inizialmente immagini di bellezza armoniosa, ma al crescere delle vette diviene un’enormità sconfinata e terribile, che comunica repulsione e piacere allo stesso tempo. Sublime, appunto, in una parola.